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Il passero perpetuerà il suo canto

Quanto vorremmo, Signore, che le cose fossero molto più diritte e chiare; siamo stanchi di percorsi tortuosi e accidentati, della corruzione della politica, della mediocrità delle persone, della nostra stessa inconsistenza! Il Maestro invita a non farci impressionare da chi mette a rischio il nostro benessere e persino la vita, ma a temere il Maligno, che fa «perire nella Geènna », mettendo in guerra tra loro l’anima e il corpo, ovverosia creando divisione dentro di noi.
La paura del male si supera soltanto guardando il bene, che in questo vangelo ha il volto della tenerezza. Passeri e capelli sono due emblemi di delicatezza nella realtà animale e antropologica; dove si parla di tenerezza, appare Dio, che non fa cadere gli uccellini e i capelli senza che anche la più piccola tragedia sfugga al suo sguardo. Ecco lo scandalo: perché il Signore della vita, che nella storia della salvezza prende sempre le parti del minore, non evita che questi soccomba sia nell’ambito naturale che in quello umano? Se talune sciagure appaiono ineluttabili, l’intervento del Signore si manifesta piuttosto nella garanzia della sua misteriosa presenza nel momento del dolore e della morte. «Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!», la nostra vita è saldamente nelle mani di Dio, anche se Egli non sempre ci esaudisce nell’esigenza più urgente, quella della sopravvivenza. Mistero di invisibilità e silenzio divini, a fronte del bisogno tutto umano di vedere e sentire. La frase precedente, «perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati», suggerisce che, prima ancora che farsi vedere, per chi ama ciò che conta è vegliare sull’amato. Quand’eri bambino e stavi male, tua madre si coricava accanto a te; nel momento in cui ti addormentavi lei continuava a rimanere sveglia e per ingannare il tempo poteva anche mettersi a contare i tuoi capelli. Chi ti ama non ti lascia neanche per un attimo perché vuole controllare il tuo respiro e, qualunque cosa faccia durante il suo vegliare, anche la più banale, si trasforma in un gesto d’amore.
Che bello poi essere riconosciuti da Gesù per averlo riconosciuto nella vita, per aver annunciato il suo vangelo con coraggio, senza temere di soffrire per esso, e pagando con convinzione e gioia il prezzo della nostra fede, che implica sempre una parte di sofferenza. Ed è proprio la croce che ci fa entrare nella nostra ‘parte’ di eredità, ossia la dignità di figli, a immagine del Figlio che sul patibolo porta a compimento il progetto d’amore del Padre. Tale conformazione a Cristo sofferente ci fa essere suoi familiari, entrare in una confidenza piena con Lui, che non ci rinnegherà «davanti al Padre che è nei cieli». Se Gesù minaccia di non riconoscerci dinanzi al Padre, è per farci percepire tutta l’amarezza di una eventuale dannazione che dobbiamo con tutte le forze respingere. Il problema è che oggi anche tanti battezzati si preoccupano di tutto meno che di essere graditi a Dio.
Ecco l’urgenza di una evangelizzazione che aiuti tutti a fare verità per raggiungere la verità del loro essere. Non dobbiamo avere paura di dire la verità, perché questo genera vita. Ciò che dovremmo temere, invece, è inoltrarci in sentieri di morte, dove nessuno potrà tenderci una mano, di chiudere la porta e lasciare fuori Gesù: così facendo lasceremmo fuori la vita. Se invece lo lasciamo entrare, Egli ci ripeterà sempre: «Voi valete più di molti passeri!». Quanto siamo preziosi per Dio! Egli dice a ciascuno: ‘Mai potrò fare qualcosa che sia diverso dall’amore, perché Io sono amore, e tutto ciò che faccio è per te’. Proverò a dirlo meglio che posso a chi in questo momento non si sente amato e addirittura maledetto da Dio perché tutto gira storto nella sua vita; forse il messaggio non verrà compreso subito, ma spero nel Signore, come un passero spera nel nutrimento della terra per perpetuare il suo canto.