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Il Maestro ci ha scelti come custodi della sua vigna

Anche nel Vangelo di oggi Gesù torna a parlare di vigna e vignaioli. Una categoria cara certamente al suo cuore forse perché più di tutte le altre immagini bibliche esprime l’amore e la cura che un contadino deve mettere per poter raccogliere non uva acerba e selvatica, ma buona e gustosa. Già l’Antico Testamento ricorre più volte all’immagine della vigna per insegnare che essa rappresenta il popolo di Dio e che nessun vignaiolo è buono e attento come Dio. Gesù stesso non userà mezze misure, non esiterà ad affermare: “Io son la vite, voi siete i tralci”, indicando così lo stretto e vitale legame che intercorre tra Lui e i suoi discepoli, indispensabile per portare frutti buoni.

Anche la parabola di oggi ha come destinatari “i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo”, ma non facciamo fatica a pensare che oggi per noi, come per i primi, essa è quanto mai utile e preziosa per vivere secondo la volontà di Dio.

La parabola inizia raccontando con solennità la cura che il padrone della vigna ha riservato verso la stessa: dopo averla piantata, con il sudore e la fatica che contraddistingue quest’opera, la quale richiede innanzitutto la necessità di rimuovere dal terreno tutte le pietre e le erbacce per bonificarlo, l’ha circondata di una robusta siepe per difenderla dagli assalti degli animali predatori; ha costruito una buca per il torchio e una torre, tutti segni di chi tiene tanto al benessere di quella vigna. Una volta adeguatamente sistemata, la vigna è data in gestione a dei contadini che sono chiamati a custodirla e farla crescere bene. Quei custodi, con il tempo, si trasformano da attenti custodi a spietati padroni, con l’unico obiettivo di impossessarsi di essa a danno del legittimo proprietario, ma anche di quanti da lui mandati a verificare l’operato e a raccogliere i frutti.

Di fatti il vangelo ci racconta che i contadini omicidi uccisero non solo i messaggeri del padrone, ma persino il proprio amato figlio, con l’intento di eliminare il legittimo erede e impossessarsi definitamente della vigna. Le parabole, come sappiamo, sono un modo di parlare per similitudini e immagini, che proprio perché chiare e sotto gli occhi di tutti danno un messaggio inequivocabile, per cui non ci vuole molto a capire che Gesù sta alludendo alla storia della salvezza, della quale riesce a dare una splendida sintesi: Dio è il padrone della vigna, che nel tempo e nella storia ha fatto di tutto prima per piantarla (la creazione) e poi per custodirla, difenderla e farla crescere bene (la Provvidenza), avvalendosi di provvidi collaboratori (i patriarchi e i profeti), puntualmente rifiutati e perseguitati dal popolo d’Israele, per concludere con una profezia circa la sua tragica fine. Difatti dopo essere stato mandato dal Padre per visitare e redimere il suo popolo, è stato rifiutato, umiliato e “tolto di mezzo”, senza alcuna pietà.

La parabola di oggi si conclude con un preciso interrogativo: “Quando alla fine verrà il padrone della vigna che cosa farà a quei vignaioli?”. La risposta è messa in bocca agli stessi suoi ascoltatori: “Darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo”.

Non facciamo fatica a capire che oggi Gesù sta interrogando noi e ci ricorda con forza che siamo i custodi della sua vigna, scelti e chiamati non per spadroneggiare su di essa; siamo noi invitati a produrre non uva acerba, ma frutti buoni e gustosi. In altre parole, siamo chiamati a far crescere questa vigna con la testimonianza di fede e le nostre opere buone. Concludiamo con le parole della bella preghiera di colletta, che come sempre riesce a dare una splendida sintesi dell’insegnamento evangelico odierno: “Padre giusto misericordioso, che non abbandoni mai la tua Chiesa, vigna che la tua destra ha piantato, custodisci e proteggi ogni tralcio, perché innestato in Cristo, vite vera, porti frutti buoni nel tempo nell’eternità”.