Ci sono cose che si capiscono solo dopo, che forse ti sono state anche dette, ma comprendi la loro portata per la tua vita a distanza di tanto tempo. Sappiamo che sarà il dono pasquale dello Spirito a gettare luce su tutta la vicenda di Gesù, che fino alla croce la Chiesa nascente non aveva affatto colto, anzi la Chiesa nascerà proprio con l’effusione del Paraclito.
La chiave per entrare in questo mistero di sofferenza, abbandono e nuova presenza è una: «abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me». Non si improvvisa l’accettazione di un’assenza ritenuta vitale, umanamente ci si può al massimo rassegnare; solo la fede rende presente Colui che è assente e sempre la fede grida dentro di te che il cammino continua, contro ogni evidenza e sentimento che dicono il contrario. Per noi uomini la fede non può essere in un Dio astratto, un’entità pensiero puro che appaghi la mente, ma è necessario che essa si configuri come possibilità di un cammino di gioia che conduce ad una meta. La novità portata da Gesù sta nella promessa di tutti questi elementi: Egli è il cammino, la compagnia lungo la strada, la meta. Cristo assicura un «posto» che ha a che fare col Padre e che Lui ‘prepara’.
Immaginiamo la confusione nell’animo dei discepoli dinanzi a simili dichiarazioni; il seguito del testo mostra come il dialogo con Gesù progressivamente pone i suoi ascoltatori nella direzione giusta. Non smettiamo mai di parlare con Dio, soprattutto quando le cose non appaiono chiare e ci sentiamo su posizioni distanti! Infatti tale dialogo parte male; Tommaso e Filippo intervengono, ma in modo poco opportuno, soprattutto il secondo, poiché se avessero avuto più fede avrebbero già trovato le risposte dentro di loro. Tuttavia Gesù, con infinita pazienza, li prende per mano e li conduce verso una comprensione più alta. Tommaso, che in occasione della malattia di Lazzaro si era dichiarato pronto a morire con Gesù, non sa ancora che la morte del Messia sarà la via di accesso al Padre e riceve una delle più solenni e celebri autorivelazioni di Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita». Tutto adesso è chiaro: Gesù di Nazaret è la visibilità storica di Yhwh ed è anche l’unica via per entrare in relazione con il Dio che l’uomo ha sempre cercato; è il rivelatore delle verità divine ed è Colui che le incarna perfettamente nella sua persona; è la pienezza di essere che il Creatore vuole donare alla sua creatura e nutre noi di Sé. Che bello vedere il figlio di un tuo amico d’infanzia, che forse non incontri da anni: in quel giovane rivedi il padre. Se incontri solo il ragazzo, le sue sembianze rendono comunque presente il tuo amico e il cuore si allieta; se poi li vedi insieme, allora la gioia è piena. In certo senso a noi è dato di vivere con Dio entrambe le esperienze: finché siamo in questo mondo, attraverso la testimonianza della Chiesa vediamo il Figlio, che ci rivela perfettamente il Padre; quando saremo nell’eternità beata li vedremo insieme, e la gioia della comunione trinitaria si riverserà in noi. Ecco perché Gesù rivolge un velato richiamo a Filippo: non ha ancora capito che «chi ha visto me, ha visto il Padre».
Forse, più che un rimprovero, è un invito per noi ad entrare nella relazione con Gesù per trovare Dio. Non pensiamo mai abbastanza al dono che abbiamo! Dio non te lo devi inventare e poi, dopo che te lo sei costruito, temere le sue punizioni; non lo devi cercare negli arcani della natura e nelle sottigliezze della mente, per quanto il creato e il pensiero rechino impresse le tracce del divino. L’Onnipotente ha un volto uguale al tuo, sentimenti e dolori come i tuoi. Il ‘di più’ che l’uomo Gesù ha avuto non erano tanto i superpoteri di fare miracoli, bensì la sua relazione col Padre: essi dimorano l’uno nell’altro. Ed io? So farmi casa accogliente per il prossimo? La gente trova rifugio o scappa via da me perché non ho un cuore ospitale? Gesù dichiara che chi crede compirà addirittura opere più grandi delle sue, nel senso che Gesù va al Padre e continua ad operare attraverso i discepoli che ricevono il dono dello Spirito.