Ed è sempre nella chiave di questa condivisione mirabile che bisogna leggere anche l’evento del Battesimo del Signore; lo stesso infinito amore porta Gesù a mettersi in fila con i peccatori, a confondersi in una massa di empi e di infedeli per dimostrare la sua piena e completa solidarietà con tutto il genere umano ferito dalla debolezza e fragilità. Ed è così che lo troviamo immerso nelle acque del fiume Giordano, davanti a Giovanni, giustamente riluttante di compiere quel battesimo, conoscendo la grandezza di chi gli sta davanti, che esprime con un semplice, ma quanto mai incisivo, “non sum dignus”, specificando con chiarezza inequivocabile che non era lui il Messia e che una bella differenza c’era tra il suo battesimo e quello del Cristo: il suo fatto semplicemente in acqua, quello del Signore fatto in Spirito Santo e fuoco, per indicare che di mezzo non c’era solo il segno della purificazione, che quel lavacro nell’acqua indubbiamente comportava, ma una speciale consacrazione fatta nel fuoco dello Spirito Santo.
Giovanni, ad ogni buon conto, accetta di battezzare Gesù e assiste anche lui alla gloriosa “teofania”, a quella manifestazione cioè della potenza di Dio, che si esprime attraverso i segni così descritti da Luca: “il cielo si aprì e discese sopra di Lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo”. Questa meravigliosa pagina di Vangelo ci permette di riflettere con grande gioia anche sul senso del nostro battesimo. Facciamo oggi solenne memoria di questo evento di grazia, che abbiamo vissuto tutti in quel giorno santo, in cui anche noi siamo rinati dall’alto, siamo stati rigenerati a vita nuova, siamo stati costituiti figli nel Figlio ed eredi del Regno. Ecco perché più volte papa Francesco ci ha esortati a conoscere e tenere bene a mente la data del nostro battesimo, che per noi cristiani dovrebbe essere considerato il vero compleanno, la data della nostra vera nascita. Se ancora non abbiamo accolto l’invito del nostro pontefice e ancora non conosciamo quella data, facciamolo al più presto, esprimendo così al Signore la nostra sincera e filiale gratitudine per questo dono inestimabile. Così come non manchino oggi nelle nostre celebrazioni i segni bellissimi del rito dell’aspersione con l’acqua benedetta, del rinnovamento delle promesse battesimali, e magari una piccola sosta in preghiera al fonte battesimale della nostra parrocchia, così come abbiamo fatto il giorno dell’apertura del Sinodo nella nostra Basilica Cattedrale.
Un’ultima parola mi piace richiamare per la nostra comune riflessione: “Tu sei mio figlio, l’amato”. Sono le parole che il Padre dice al Figlio, immerso nell’acqua del Giordano, ma soprattutto nella preghiera. Sappiamo nella fede che dal giorno del nostro battesimo il Signore ripete con lo stesso amore questa espressione a ciascuno di noi: tu sei mio figlio, tu sei mia figlia! Dio è mio padre, posso chiamarlo e sentirlo costantemente quell’Abba, quel paparino di cui ci ha parlato Gesù Figlio unigenito. Cosa possiamo desiderare di più? Quanti momenti di solitudine e di stanchezza, quanti giorni di depressione e di angoscia nella nostra vita quotidiana! Non dimentichiamo proprio in quei momenti di far risuonare nella mente e nel cuore questa grande verità: tu sei mio padre ed io sono tuo figlio! E un padre vero sa cosa fare e cosa dare ai propri figli ancor prima che glielo chiedano. Allora cresciamo in questa certezza di fede, alimentiamola con la nostra preghiera e la nostra carità: non saremo solo grati per il dono del battesimo, ma vivremo ogni giorni felici perché ci sentiremo sempre tra le braccia del più tenero di tutti i padri del mondo.