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Il Bambino è l’eterno viandante

bambinello

Ma c’è anche chi ha visto, nel simbolo delle une e delle altre fasce, il perenne tentativo del pensiero umano di riuscire a ‘possedere’ Dio, avvolgendolo nelle fasce dei propri ragionamenti; e riducendolo, in qualche modo, o al Bambino che incanta, ma non disturba; o al Crocifisso che disturba, ma viene sconfitto, icona della “morte di Dio”.

Sia gli uni, sia gli altri, vanno, in realtà, “oltre” il racconto dei quattro Vangeli.
Un racconto, che parte dall’incarnarsi del Verbo – che dall’eterno era già “uscito” dal Silenzio del Padre ed ora esce dal grembo della Madre – e prosegue con l’accenno alle fasce, che lo avvolgono; e dalle quali esce fin troppo presto, fuggendo lontano da Erode.
E lo presenta, poi, quel racconto, lungo l’intera sua vita terrena, in un continuo “andare”: in viaggio verso Gerusalemme, fin da ragazzino; pellegrino, da grande, lungo le strade della Galilea e tutte le altre; in cammino lungo le città e i villaggi, le acque del lago e le pianure delle seminagioni, lungo le montagne della preghiera e quelle dell’appuntamento, i luoghi dell’annuncio e quelli della contemplazione. Viandante!

***

Un Viandante, che attraversa la vita della gente, le chiusure dei farisei e i sarcasmi dei sadducei, l’aula delle sinagoghe e la spianata del tempio, la casa di Zaccheo e quella di Marta, l’udito dei sordi e la zoppia degli storpi, gli occhi dei ciechi e le tombe dei morti, le membra rattrappite dei paralitici e le fragilità di ogni corpo umano, le notti di un’adultera e le fughe di un figlio, che lascia la casa del padre…
Viandante, che entra nel cuore di un vecchio che lo visita di notte e nei dubbi dei discepoli che un mezzogiorno lo vedono accanto a un pozzo in dialogo con una donna; entra nei sogni di gloria di alcuni e nel tradimento di altri; nel silenzio che parla e nelle lacrime di un volto che tace.
Un Viandante, che non ha mai smesso di essere viandante… nemmeno una volta uscito dalle fasce della morte.
***

Da risorto, infatti, precede i discepoli in un perenne “altrove” e si avvia sulle strade del mondo e sulle ore del tempo. Cammina sui passi umani; e, come lungo la vita terrena, così dopo, ogni luogo diventa una sua meta.
Non disdegna neppure gli scenari di guerra e gli abissi degli orrori umani; si trova sui campi di sterminio e sui lager di ogni continente. E c’è chi, anche lì, lo incontra: le unghie di un detenuto lo disegnano sulle pareti di una cella e le dita di una ragazza deportata ne incidono il nome su un foglio ingiallito dal tempo.
Viandante, raggiunge le vittime di ogni conflitto e si fa compagno di chi fugge dai luoghi degli orrori… Vede le tristi orme incise dal peccato sui sentieri della gente; e avverte la sete di ricerca di chi, magari senza saperlo, nient’altro attende che di incontrarlo.
E – come duemila anni fa “visse accogliendo” e “morì perdonando” – non rifiuta nemmeno oggi di passare perfino dentro lo squallore di una politica, che si perde nei labirinti del non senso; ed é felice di sostare dentro le attese di una miriade di piccoli e di tanti ultimi, affamati – più che di pane – di gioia.
Viandante é il Dio che ci raggiunge.
Un Bambino che nasce, che incanta, ma che – é impossibile negarlo! – “disturba”.
Disturba, perché è un Bambino che ti cerca e ti attende ad una svolta.
Una svolta, che, forse, ancora non hai capito; o non hai il coraggio di capire…
Filippo Curatola