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«Guarigione, preghiera e annuncio», l’esempio di Gesù

Al contrario, la finalità dell’autore sacro è anzitutto presentare un Gesù attento e solidale con tutti, in particolare con coloro che sono nella prova e nella sofferenza, un uomo che passa sanando e beneficando tutti quelli che erano prigionieri del male, per restituire la salute del corpo e la consolazione dello spirito. Di fatti Gesù durante il suo ministero pubblico guarì molti malati e liberò molti indemoniati, ma tutto questo non tanto per fare vedere il suo potere taumaturgico, bensì con l’unico essenziale intento di far conoscere l’amore del Padre e la sua misericordia infinita. Ogni miracolo, ogni guarigione, ogni liberazione non è mai volta a richiamare l’attenzione su di sé, sulla sua persona, tant’è che ogni qualvolta si accorgere di essere troppo al centro dell’attenzione preferisce cambiare aria, andare in altri luoghi e villaggi; Cristo intende invece portare al mondo la luce della fede, indispensabile per la salvezza fisica e spirituale. Tutti i segni operati da Gesù hanno allora essenzialmente un valore spirituale: suscitare la fede di chi è guarito, dei suoi familiari e di quanti assistono a questi miracoli. «Un miracolo sprecato», ha definito qualcuno il racconto odierno. Sprecato, prima perché fatto nei confronti di una suocera, con il valore negativo che questo termine, naturalmente non sempre a ragione, assume nella nostra cultura popolare, e che tanto differisce da una guarigione fatta a favore della propria madre; poi perché si tratta di una semplice febbre. «Valiva a pena?» commenterebbe una vecchietta delle nostre parrocchie. La febbre non è una malattia grave, ma è una semplice indisposizione che può venire oggi e andarsene domani, e per questo non è certo grave o preoccupante. Come interpretarla allora a livello spirituale? Essa, poiché pone la persona in uno stato di debolezza e a volte di inerzia, impedisce di servire, di compiere gesti di amore verso il prossimo: in ultimo rappresenta la mancanza di amore. Di contro la vera guarigione, il vero miracolo è quello di accorgersi della sofferenza altrui, farsi prossimo, mettersi accanto per far sentire vicinanza e affetto. Gesù guarisce con la forza del suo amore e tutti noi dobbiamo essere guariti dall’antico male, dalle tante vecchie febbri che ancora oggi ci accompagnano quando, ripiegati su noi stessi, preoccupati solo dei nostri problemi, siamo incapaci di vedere il dolore altrui, di allungare un mano per una carezza, incapaci di offrire un braccio per permettere al fratello di rialzarsi e di riprendere forza e vita. Il Vangelo di oggi ci presenta poi la giornata-tipo di Gesù fondata su tre azioni fondamentali: guarigione, preghiera, annuncio. La guarigione apre il cuore e la mente verso i fratelli meno fortunati di noi. L’annuncio non è meno importante in quanto porta ai fratelli anche sani nel corpo, ma che possono essere malati nell’anima, la forza di una parola che libera, che salva. Le due azioni sembrano irrealizzabili senza quella di mezzo che sembra fare da collante, da cemento tra le altre due: la preghiera. Essa è stare con il Signore, porsi in ascolto della volontà del Padre, per essere capaci di portare a tutti l’amore di Dio, il quale si è fatto uomo per caricarsi delle nostre malattie e guarirci da ogni infermità dell’anima e del corpo. Chiediamo al Signore che la giornata tipo di Gesù diventi lo stile dei discepoli di Cristo, il nostro stile di vita, perché come Gesù privilegiamo la via della spiritualità e della preghiera, senza trascurare l’amore ai fratelli, annunciando loro con la parola e con la vita che solo in Dio abbiamo la salvezza e che solo Lui è fonte di vita, di pace e d’amore.