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Gli auguri di Morrone: «Riappropriamoci dei veri segni del Natale»

È nella rappresentazione della natività di Cristo, ripresa dalla tradizione popolare che, ancora oggi, è possibile cogliere i segni, ribadisce il presule, «del grande dono ricevuto dall’umanità: la nascita di Gesù».

Nell’andare in profondità a quello che è il vero significato del Santo Natale, l’arcivescovo Morrone porta ad esempio un’immagine tratta dall’attualità, accostandola alla più classica delle rappresentazioni artistiche della natività. È immortalata nella foto ricevuta dalla Capitaneria di porto reggina e relativa ad uno degli ultimi salvataggi di migranti: una giovane mamma stremata, stretta accanto alla sua bambina, appena nata. Sottratte dalle onde minacciose del mare. Al di là della loro condizione di persone che fuggono da miseria o guerra, appartengono alla schiera di «figlie e figli dell’unico padre. Il Signore nostro, padre della vita».

Proprio da questa emblematica immagine che rimanda alla grotta prende spunto la riflessione del presule. Da qui l’interrogativo rivolto a quanti si apprestano a trascorrere le festività natalizie: «Possiamo, noi, pensare al Santo Natale come fossimo festaioli? Viverlo come se nulla fosse? Possiamo vivere il Santo Natale senza renderci conto che il Signore è nato tra gli ultimi?».

Ebbene, l’immagine della giovane mamma e della sua bambina che «urla per la fatica o per la gioia di essere nata», continua il vescovo, è il frutto di «un impegno di tanti uomini e donne che mettono a rischio la loro vita, per salvarne altre. Anche quando si tratta di una sola». Proprio quella piccola è segno di vita, continua Morrone.

Il Santo Natale, ancora il vescovo, è «la festa della bontà, quella che mette in campo le tante belle energie». Per questo motivo, continua Morrone, «ho chiesto, s’è possibile, di anticipare la messa della Vigilia alle 20, per stare simbolicamente vicino a chi non vive la gioia della convivialità». Allo stesso tempo, di «digiunare all’ora di pranzo del 24 e quanto risparmiato metterlo a disposizione, anche come comunità parrocchiale, di chi più ne ha bisogno».

«Un piccolo segno di bontà» che se da una parte non risolve i problemi, aiuta ad avere consapevolezza di essi e, soprattutto, «ci ricorda che c’è un Dio che abita la nostra vita e ci chiede di essere presenza viva, figli della risurrezione». Ecco, conclude Morrone, «io vi auguro proprio questo: vivere il Santo Natale del Signore Gesù, riappropriandoci del messaggio che viene da Betlemme».

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