Durante l’omelia l’arcivescovo Morrone ha ricordato come il servizio della carità «non è tanto e anzitutto una questione di azioni da compiere, quanto piuttosto un riandare al cuore della nostra fede, al motivo credente che spinge la vostra, nostra, carità, agape divina apparsa nell’umanità del Signore Gesù, a guardare ai poveri e custodirli e promuoverli come primi tra le sorelle e i fratelli amati da Dio». In tal senso – ha proseguito il presule pitagorico – «si tratta di una grande opportunità di verifica e discernimento che dobbiamo immettere nel nostro cammino sinodale e sollecitati da papa Francesco «domandarci se la povertà di Gesù Cristo è la nostra fedele compagna di vita».
L’arcivescovo, nel suo argomentare, ha fatto riferimento ad alcuni modelli di esercizio della carità pastorale e sociale che hanno illuminato la vita della Chiesa reggina: don Italo Calabrò e monsignor Giovanni Ferro. «La nostra Arcidiocesi – ha premesso monsignor Morrone – ha una tradizione illustre nel servizio ai poveri, e non possiamo fare altro che essere grati per quanti hanno disegnato in maniera lungimirante percorsi di prossimità e di concreta promozione che nel tempo sono come gemmati in altre iniziative, avendo intercettato di anno in anno nuove forme di povertà». Per questo, secondo il presule, è necessario che la Chiesa reggina-bovese «segua le tracce di maestri di vita cristiana come Mons. Giovanni Ferro e don Italo Calabrò, grandi testimoni di carità, capaci di lasciarsi evangelizzare dai poveri, di camminare con loro, insieme a loro. Pertanto ci ripetiamo con il nostro mantra sinodale: è meglio percorrere un centimetro di cammino insieme che un chilometro da soli».
Al termine della Celebrazione è stata data lettura dell’editto per la raccolta di testimonianze utili alla causa di beatificazione di don Italo Calabro. Tutti i contributi, dalle quali si possono in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità del sacerdote reggino, devono essere inviati a donitalosanto@gmail.com. Inoltre, dovendo raccogliere tutti gli scritti attribuiti a don Italo, l’arcivescovo ha ordinato – attraverso l’Editto letto in cattedrale – a quanti ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine alla Postulazione qualsiasi scritto che abbia come autore il beneamato sacerdote. Con la parola “scritti” non si intendono soltanto le opere già stampate, che peraltro sono state già raccolte, ma anche i manoscritti, i diari, le lettere, ed ogni altra scrittura privata del sacerdote. Coloro che gradissero conservare gli originali, potranno presentarne copia debitamente autenticata.
L’editto dell’arcivescovo dovrà rimanere affisso per la durata di due mesi alle porte della Curia arcivescovile e di tutte le chiese dell’arcidiocesi. La versione integrale sarà pubblicata sul sito della diocesi.