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Gesù guarire il cieco e chiama ogni uomo a libertà

cieco

Ciò che nella vita di ogni giorno può essere una reazione momentanea nella Bibbia viene presentata come un atteggiamento,una mentalità, un indurimento del cuore che porta all’incapacità di penetrare il significato più profondo elle cose e il senso del movimento della storia. Risuonano a tale proposito le parole del salmista: «I loro idoli sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odorano. Le loro mani non palpano, i loro piedi non camminano, dalla loro gola non escono suoni. Diventi come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida». Il Salmista legge la situazione dell’uomo che si è allontanato da Dio. Quando, infatti, ilì serpente aveva tentato la donna le aveva assicurato come prima cosa: «si aprirebbero i
vostri occhi», l’autore del libro della Genesi in corrispondenza riporta: «Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi», la conseguenza è la povertà dello
sguardo, l’incapacità di guardare senza vedere l’armonia del creato e il senso dell’eternità, perché troppo concentrati sulla loro nudità. L’incapacità di guardare oltre le apparenze per poter penetrare i pensieri di Dio e il cuore dell’uomo. Questa abilità viene esclusivamente dalla comunione con Dio, come estensione della natura stessa del
creatore, come partecipazione attraverso il quale Dio discerne e sceglie: «Io l’ho scartato perché non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore giarda il cuore». È questo sguardo nuovo che Gesù è venuto a portare all’uomo immerso nel peccato dalla sua nascita. Quando risponde alla domanda dei discepoli, «Né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio», sta chiedendoci di operare un salto nell’ascolto e di vedere nel cieco nato non un peccato contingente, ma lo stesso peccato di origine, di considerare le conseguenze del peccato dei progenitori sull’umanità. Il gesto della guarigione è raccontato in modo semplice, il fango e la saliva ci rimandano ancora all’inizio, ma è sorprendente che Gesù agisce di sua iniziativa, rispetto ad altri miracoli manca la richiesta di aiuto e la professione di fede. Lo stesso andare dell’uomo cieco verso la piscina più che un atto di fiducia sembra una necessità: «Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva». Il brano come semplice miracolo poteva concludersi qui, ma questo racconto vuole comunicare al lettore qualcosa in più di un semplice prodigio, ecco perché l’autore conduce il suo lettore e lo fa entrare nella discussione che segue, in cui l’uomo ciecoì dalla nascita è il sostituto di tutta l’umanità, un individuo, qui, è toccato da ciò che investe
tutta la collettività, la cecità dalla nascita. È difficile, quando si è abituati ad avere gli occhi aperti nel buio, accogliere la luce perché questa ti dà fastidio. Il primo fastidio è
di negare l’evidenza, che ci sia la luce, che qualcosa sia avvenuto; e allora quando non si può discutere la luce, si mette in discussione ciò che è stato illuminato, quando non si può obiettare Dio, si obietta l’uomo su cui Dio ha operato. In questo, tutta la collettività si trova d’accordo, vicini, farisei e giudei. Quest’ultimi incapaci di vedere l’opera di Dio in Cristo non ascoltano il cieco, non ascoltano i suoi genitori e davanti all’evidenza chiamano in causa l’origine di Gesù: «Quest’uomo non viene da Dio perché non osserva il sabato». A questo punto il racconto stesso chiede al lettore di saper operare una svolta nella sua lettura, l’uomo guarito diventa essenziale nella dinamica narrativa sia come oggetto sia come soggetto. Come oggetto perché la sua guarigione costringe i giudei e l’intera collettività a interrogarsi sull’opera e sull’identità di Gesù, come soggetto egli
stesso viene chiamato da Gesù a non fermarsi sulla guarigione ma di andare oltre. Il suo percorso di fede diventa un paradigma, pur non chiedendo niente, qualcuno che non
conosce gli ridà la vista, in un primo momento pensa sia un profeta, poi appoggiandosi sulla sua guarigione fa una professione di fede indiretta e parziale. L’apice del brano è il nuovo incontro dell’uomo con Gesù, qui abbiamo la professione di fede finale, completa: «Ed egli disse: Io credo Signore! E gli si prostrò innanzi».