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Gaetano Catanoso, il santo che ha amato il “Volto” trasfigurato di Gesù

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{module AddThis}Ed è in questa nostra porzione di calabra Terra che Padre Catanoso ha vissuto, e fatto vivere a quanti incrociava lungo gli anni del suo ministero, la Misericordia di Dio e la Consolazione di Maria. È gremito, di suore – le suore Veroniche del Volto Santo, ordine nato da un’intuizione divina proprio di San Gaetano – e di popolo, il Santuario. A presiedere la Solenne Concelebrazione Eucaristica, assieme ad alcuni sacerdoti, è Padre Giuseppe Fiorini Morosini. All’omelia, l’Arcivescovo, attacca ricordando che “San Gaetano Catanoso è stato uomo di preghiera: uomo che s’è fatto preghiera. Preghiera intesa non come ripetizione di formule ma come costante ricerca del Volto di Dio”. In Cappella, in Episcopio, confida il Presule, “c’è una foto che ritrae San Gaetano con la corona del Rosario, sorridente, con due occhi che ti conquistano, che parlano al tuo cuore perché rivelano la profondità di quel rapporto tra Padre Catanoso e Dio”. E richiamando “la nostra preghiera prima d’addormentarci, o la preghiera che drammaticamente sgorga dal cuore nei momenti di bisogno, o ancora la preghiera di gratitudine”, sottolineando che “talvolta la nostra è preghiera interessata, ho bisogno dunque prego”, Padre Giuseppe evidenzia che “la preghiera è esperienza di comunione che si vuole realizzare con Dio, e mediante tale comunione la nostra vita prende un preciso orientamento. Non c’è scissione, insomma, tra il nostro stare in ginocchio e il nostro essere immersi nell’agire quotidiano”. L’immagine di San Gaetano, rimarca Mons. Morosini, “è quella di un uomo trasformato dalla preghiera. E qui mi viene in mente la definizione che venne data di San Francesco di Paola il giorno della sua canonizzazione: o pregava o dava l’immagine dell’orante. Ecco: la preghiera è il bisogno d’instaurare un rapporto con Dio. Pensiamo ai Santi: all’interno delle loro vite, fatte di vera preghiera, Dio agiva in modo particolare. Ciascuno di loro si poneva nella condizione di lasciarsi plasmare da Dio”. Rievoca, l’Arcivescovo, i quaranta giorni nel deserto vissuti da Gesù, le tentazioni subite e chiedendosi “che significato hanno quei lunghi giorni di preghiera e discernimento?”, il Presule sottolinea: “Gesù cerca di conoscere le vie che il Padre gli indica. E noi, con la preghiera, troveremo in Dio la forza del bene per determinare ogni nostra scelta quotidiana. È Cristo ad orientare la nostra vita. Proprio come fece con Padre Catanoso: quando agì come parroco in montagna o in centro città, come cappellano in carcere o in ospedale, come confessore. San Gaetano visse in Cristo trovando la luce della verità e la forza del bene”. Talvolta, evidenzia Padre Giuseppe, “confessando, capita di sentir dire: faccio il Segno di Croce alla sera… E il resto della giornata vive di quel segno di croce? Recuperiamo la dimensione di una preghiera che entra nel vivo della vita. È nel rapporto con Dio che attingo ciò che è conforme a Dio e ciò che non lo è. Pregare è imparare a chiedere: qual è la verità che debbo seguire? Qual è il bene per me, per chi mi sta accanto, per la realtà in cui vivo?” Padre Catanoso, conclude Mons. Morosini, “s’è fatto offerta del popolo a Dio ed esercitando il suo divino ministero ha riversato sull’intera Reggio la forza di quell’esperienza comunionale con Dio, sorta nella preghiera. Chiediamo a Dio, per intercessione di San Gaetano, d’illuminarci col bene, poiché, soltanto sorretti da quella verità che fonda le radici in Cristo, potremo costruire una nuova, giusta società”. Il Divino Sacrificio termina con la gratitudine delle Suore Veroniche. In tanti – anche il Sindaco Giuseppe Falcomatà e il Prefetto Michele Di Bari – sostano dinanzi le spoglie mortali del Santo, in preghiera. In fondo, da questo nostro venti settembre dell’anno giubilare della Misericordia, nulla potrà essere come prima. E la nostra vita dovrà essere una costante preghiera, e nelle nostre preghiere dovremo cogliere le indicazioni per non sbagliare l’esistenziale strada.

Antonio Marino