E così il 6 maggio, già in tarda mattinata, la piazza ha cominciato ad essere invasa da una massa di indiani del Punjab nel loro sgargiante abbigliamento variopinto e col loro altrettanto variopinto turbante. Una trentina di loro connazionali è scesa da Brescia in “alta uniforme” di denso colore azzurro, attraversato da cinture di bianco candido, e per le primissime ore del pomeriggio questo gruppo ha intrattenuto i connazionali e gli altri immigrati misti a italiani che nel frattempo erano giunti in piazza.
«Stento a credere ai miei occhi – mi confida un caro amico – che questa gente venuta da lontano abbia tanta voglia di incontrarsi, di sbracciarsi, di cantare, danzare e declamare quasi dimenticando le mille disavventure affrontate nell’attraversare prima il deserto, poi il “Mare nostrum”, per approdare sulle nostre coste, in particolare al nostro porto di Reggio». Già, Reggio sarà ricordata, non meno di altre città costiere della Sicilia, come la città degli sbarchi. E per i cittadini di Reggio, è una specie di dovere morale conservare il ricordo di quanto accaduto: dall’estate 2013 sono oltre sessanta gli sbarchi nella banchina del porto reggino. In quell’estate operatori Caritas, Migrantes e di altre realtà ecclesiali, appena hanno avuto notizia che era approdata al nostro porto una nave della Marina militare con un carico umano di diverse centinaia di profughi in fuga dall’altra sponda del Mediterraneo, subito si sono precipitati al porto con una grande quantità di coperte, di calzature e indumenti vari nonché di panini, paste e bibite varie, ma soprattutto con strette di mano, calorosi welcome e larghi sorrisi, ossia col linguaggio dell’accoglienza e della fraternità.
«Apriamo orizzonti», dunque: è bello, gratificante celebrare quest’anno la Festa dei Popoli con questo sguardo di apertura universale. Certo non si potrà dare un tetto, un pane, un domani a quanti potrebbero bussare alla nostra frontiera, possiamo la comunitò reggina può e deve aprire mente, cuore e, fin quanto è possibile, anche le braccia a quanti ricordano che anche gli italiani, sono stati e sono tuttora un popolo di migranti. «Ricordati, Israele, che anche tu sei stato straniero», è il monito della Bibbia, che oggi si attualizza così: «Ricordati, italiano; ricordati, calabrese di Reggio, che anche tu sei stato e continui ad essere migrante».