{module AddThis}
Nella Madre il Verbo diventa carne, nella famiglia il Figlio chiama alla santità ogni uomo. Una famiglia che accoglie, ma che nello stesso tempo si lascia accogliere da Dio nella misura in cui si lascia stupire, interrogare e condurre dal Figlio che si manifesta come “essere nelle cose del Padre”. La famiglia di Nazareth benefica di questa presenza, la vive nella semplicità secondo le tradizioni religiose di Israele e nello svolgimento di queste è capace di cogliere la novità che solo il dono di un figlio può dare.
È vero sì, che i genitori sono un dono per i figli, li desiderano, li chiedono, li accolgono, li fanno crescere e li aiutano a realizzare i loro sogni, ma è altrettanto vero che i figli sono un dono per i genitori poiché la maternità e la paternità “permettono” a Dio di completare l’atto creativo e redentivo realizzando il disegno che Dio ha per l’umanità. La santa Famiglia è per questo non solo l’esempio per tutte le famiglie ma anche lo spazio, dove la chiesa domestica può attingere la grazia per realizzare il progetto di Dio. La possibilità viene offerta dalla dinamica del dono, cioè del figlio come dono di Dio, nell’atto stesso del donare il figlio, i genitori realizzano la somiglianza con Dio. Anna, madre di Samuele, ne diventa un esempio quando trasformata dalla grazia richiesta, è capace di ridonare il figlio a Dio: “Perciò anch’io lo do in cambio al Signore”.
Alla famiglia di Nazareth viene chiesto di lasciarsi plasmare dalla conoscenza del figlio Gesù. La pericope evangelica che ci propone la liturgia della parola è dominata dall’isotopia del sapere, in Luca il tema non è antinomia tra sapere e ignoranza, ma tra conoscenza e conoscenza superiore, un sapere illuminato dalla rivelazione diventa sapienza. Il brano è quasi totalmente narrativo, nel senso che la parte discorsiva, nel concreto la domanda e la risposta tra Maria e Gesù, occupa uno spazio piccolissimo. Qui è all’opera l’arte narrativa di Luca che conduce il lettore attraverso il racconto per farlo giungere e fermare davanti al dialogo, in questo caso veicolo del messaggio teologico. L’occasione è il pellegrinaggio in cui i genitori portano Gesù a Gerusalemme per la festa di Pasqua, mentre riprendono la via del ritorno, il ragazzo rimane nella città santa.
I genitori a questo punto sono caratterizzati attraverso dei verbi, quelli di movimento funzionali alla progressione del racconto e quelli legati all’espressione dell’isotopia, cercare, trovare, conoscere, supporre, sapere, sono questi che ritorneranno nel dialogo, nella domanda di Maria ricorre il verbo cercare: “Tuo padre ed io ti cercavamo”, nella risposta di Gesù è presente il verbo connesso al campo della conoscenza: “Non sapevate che nelle cose del Padre mio è necessario sia io”. Quando i genitori perdono di vista il figlio, lo cercano tra i conoscenti, lo trovano, invece, nel tempio (Casa di Dio). Il dialogo rivela che quello che Gesù ha fatto è letto in modo diverso, il criterio di giudizio è legato al modo di considerare le cose. Il verbo che muove la ricerca è “non conoscere” (v. 43), cioè una mancanza di capacità che viene dall’esperienza umana, quello che la conclude è l’invito di Gesù a “sapere” (V. 49), che viene da una conoscenza visiva che rende capace, da una parte il verbo è legato a ciò che i genitori hanno visto nella vita di Gesù, dall’altra parte fa riferimento a quello che stanno vedendo e che è raccontato. “Tutti erano meravigliati della sua intelligenza”. Il termine greco “Sunesis” indica la facoltà intellettuale di cogliere i rapporti tra le cose e trarre le conclusioni, la giustezza di vedute nutrita dalla fede: la sapienza.
Il lettore insieme ai genitori deve capire che la presenza di Gesù fra gli uomini richiede una conoscenza superiore. Da quello che avete visto ora, sapete, dove cercarmi e dove trovarmi, sono venuto tra voi per essere nelle cose del Padre. Gesù conferisce un valore simbolico al suo comportamento, la presenza inattesa nel luogo santo diventa la parabola di tutta l’opera del Messia. La risposta del Figlio alla madre che spiega il suo comportamento si fonda su una “necessità”, questo significa che la relazione tra il Padre e il Figlio s’iscrive nella storia della salvezza. L’affetto di Gesù per il Padre risponde al disegno dl Padre nei suoi confronti, questa reciprocità si manifesta nell’economia della salvezza e va vista come relazione di amore e conoscenza. “Ma essi non compresero” cioè in quel momento non riescono a mettere in moto il processo conoscitivo, Maria, però, conserva con cura tutte le parole.