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Famiglia e fedeltà: la via del Vangelo

Sposalizio della Vergine

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Una delle difficoltà che vive l’uomo del nostro tempo è quella di essere fedele al progetto di Dio che si manifesta nella vocazione matrimoniale, difficoltà presente già al tempo di Gesù come dimostra la domanda che gli viene fatta.
La domanda viene posta dai farisei, e come fa ben notare il narratore, vuole mettere alla prova Gesù, quest’indicazione ci costringe a leggere il brano pensando non solo al punto di vista di Gesù ma alla realtà che vive Gesù come Messia inviato da Dio e che cerca di far cogliere ai suoi discepoli.
È necessario, dunque riportare alla nostra mente e al nostro cuore il momento in cui manifesta ai discepoli la sua passione: “E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare.”, lo stesso momento in cui lega i suoi discepoli alla sua missione e alla sua vita: “Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo la salverà” (Cfr. Mc 8,34-35).
Tenendo presente questo, è chiaro che, rispondendo ai farisei, Gesù indirettamente sta confrontando il suo insegnamento con quello di Mosè, ma mentre l’insegnamento di quest’ultimo e condizionato dalla durezza del cuore dell’uomo, le istruzioni di Gesù sono qualificate e determinate dalla capacità di amore del suo cuore. Così facendo mette i farisei e il lettore nella condizione di guardare il rapporto coniugale dal punto di vista del discepolo che ha scelto di perdere la propria vita a causa di Gesù e del vangelo.
In un secondo momento, richiamando il primo capitolo del libro della Genesi, fa vedere come il suo insegnamento è conforme alla volontà di Dio che si rivela nella natura stessa dell’uomo già nel momento stesso della creazione: “Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola, Sicché non sono più due, ma una sola carne.
L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto.” Citando questo versetto egli fa riferimento a tutta la creazione, in particolar modo alla parte conclusiva dell’atto creativo, dove Dio stesso guarda quanto aveva fatto e vede che è cosa molto buona, e ci invita ad accogliere due verità.
La prima, comprendere la differenza che c’è tra ciò che è lecito, cioè tra quello che l’uomo ritiene e rende possibile, e quello che è buono, cioè quello che solo Dio può dichiarare e rendere tale.
In questo modo riafferma l’unione tra l’uomo e la donna come un atto di bontà di Dio che in se stesso porta e pone all’uomo un limite non solo di azione ma se vogliamo anche di valutazione.
Con queste parole Gesù identifica il ripudio come adulterio e automaticamente lo fa ricadere come trasgressione del sesto comandamento, e quindi della volontà di Dio.
Il riferimento al libro della Genesi che viene fatto anche dalla prima lettura della ventiseiesima domenica del tempo ordinario ci aggiunge un’altra verità.
La volontà di Dio, non è un suo capriccio ma un gesto di amore per il bene dell’uomo, nell’espressione “Non è bene che l’uomo sia solo” possiamo cogliere l’attenzione al bisogno dell’uomo e conseguentemente la soluzione a questa necessità: “Voglio fare un aiuto che gli corrisponda”, come unica adeguata soluzione di comunione e di felicità.
Unico motivo che gli permette di abbandonare l’affetto grande del Padre e della madre.