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Essere sale e luce, Gesù ci invita ad esistere per gli altri

lampada

Mi colpisce da sempre il fatto che Gesù, attribuendo ai cristiani di ogni luogo e di ogni tempo questi due elementi, non li pone come una sorta di auspicio o augurio (speriamo che voi siate…) e nemmeno invito o esortazione (impegnatevi ad essere…), ma lo dà quasi per scontato, come una realtà già in essere, come un’identità già conseguita (voi siete…). Comprendiamo allora che essere beati, essere santi è qualcosa di iscritto già nella nostra identità cristiana, una santità che ci appartiene in quanto figli di Dio. Certo, è una santità potenziale, quasi in embrione, ma che già c’è ed è operativa, pur necessitando al contempo di un quotidiano potenziamento attraverso il nostro impegno di vera spiritualità e autentica testimonianza di vita.

Non mi soffermo sull’analisi dei due elementi scelti da Gesù per definire la perfetta identità del cristiano, sale e luce, elementi a tutti noti: il primo che serve a portare sapore ai cibi e il secondo a rischiare e illuminare il mondo. Basterebbe questo per comprendere che i cristiani, proprio come il sale e la luce, non esistono per se stessi, per vantarsi delle proprie qualità, ma per gli altri; essi si pongono sempre con discrezione ed equilibrio onde evitare ogni eccesso che porterebbe poi a rendere il cibo immangiabile e la luce abbagliante. Su questo duplice impegno mai scontato e risaputo non ci impegneremo mai abbastanza, più che con le parole, con da gesti concreti e incisivi, che dicano la nostra credibilità in tutto quello che professiamo e proclamiamo con la bocca.

Nel contesto di cammino sinodale che stiamo vivendo, mi piace riflettere su un’altra specificità, il fatto che Gesù non dica “Tu sei…”, ma “Voi siete…”, con chiaro riferimento alla dimensione ecclesiale e comunitaria, al senso cioè della nostra appartenenza alla Chiesa. Questo recupero ecclesiologico è oggi quanto mai indispensabile, pur riconoscendo che grazie a Dio in tutti i luoghi e in tutti i tempi non sono mancati e non mancano testimoni e profeti, che vivono con coerenza e radicalità lo spirito delle Beatitudini e l’impegno di essere sale e luce. Oggi più che mai è indubbiamente indispensabile una profezia che non sia solo del singolo cristiano, ma di un’intera comunità che rappresenti “il nuovo Israele”, “il vero popolo di Dio”, da Lui scelto e chiamato non per costituire un èlite fatta di gente perbene, ma di persone che hanno seriamente conosciuto Cristo e il suo Vangelo e lo hanno seguito con fedeltà e gioia, radicalità ed entusiasmo. In questo senso ci può aiutare una scelta che i padri conciliari fecero nel titolare la costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium. Ogni lettore potrebbe giustamente pensare che, dovendo stilare il testo dell’identità e della missione della Chiesa, dicessero che essa è la luce delle genti. Invece il riferimento è chiaro e determinato: è Cristo ad essere la luce delle genti: la Chiesa in quanto “adunata nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto di lei” (LG 1).

Non ci resta allora che pregare e impegnarci affinché tutti i cristiani del mondo si sforzino a vivere in pienezza la Parola di Dio, nella certezza che solo così non tradiranno mai la loro vera identità di sale della terra e luce del mondo e faranno risplendere la loro luce davanti agli uomini, “perché vedano le vostre opere buone, e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”.