Altro che “mai una gioia!”. C’è davvero una gioia, quella della salvezza, che è prossima ed è per tutti! Se non gioiamo di questo, di cosa dovremmo gioire? Eppure quest’annuncio lascia molti sempre tristi, nervosi, arrabbiati. La gioia per un credente in Cristo non dovrebbe essere un optional, o peggio una chimera, ma una conditio sine qua non, un qualcosa che sappiamo descrivere e comunicare agli altri, in particolare a quanti si trovano in motivi reali di afflizione e di sofferenza. E allora non possiamo non pregare per il dono di una vera gioia e di una “rinnovata esultanza per celebrare con fede il grande mistero della salvezza che si realizza in chi attende con fede il Natale del Signore”.
Anche il Vangelo di queta domenica ci presenta la figura di Giovanni Battista, come modello di coloro che attendono la venuta del Signore, ed è bello scoprirlo oggi come l’uomo che si interroga, l’uomo pensante che si pone domande, con i suoi dubbi e perplessità. Chi non ha avuto o forse non ha ancora dubbi di fede, chi non si pone ancora interrogativi sulle verità fondamentali relative al nostro Dio e alla nostra fede in Lui? Chi di non osa chiedersi se è Cristo il vero Dio? È Lui che dobbiamo attendere oppure qualche altro più efficace Salvatore? Se lo chiese prima di noi il Battista, tanto di più lo dovremmo fare noi. L’evangelista Matteo sottolinea che il suo interrogarsi avviene mentre “era in carcere”. Ogni carcere è sempre e comunque duro e triste, sia che si tratti di una prigione fisica sia spirituale, in quanto entrambe non permettono di vivere la propria libertà personale e impediscono ogni forma di autonomia del corpo o dell’anima. È proprio nel “carcere del nostro spirito” che sentiamo più forte il bisogno di una risposta all’interrogativo “sei tu il Signore, colui che deve venire a salvarmi, oppure devo aspettare un altro?”.
Gesù ieri come oggi non dà risposte da enciclopedie teologiche o compendi dottrinali, ma le sue risposte sono sempre pratiche e concrete, sotto gli occhi di tutti, quasi per dire che se cerchi trovi, se guardi attentamente individui le risposte, se riconosci i suoi segni e prodigi hai già la risposta. L’esperienza di una fede matura ci dice che la risposta non è una buona parola di conforto o un semplice sostegno morale, ma è dimostrazione di segni concreti ed efficaci operati da Colui che è sempre attento alla persona nella sua interezza, sia ai bisogni fisici che spirituali, “poveri” per i quali l’unica soluzione sta nell’annuncio del Vangelo. “Ai poveri è annunciato il Vangelo”: è in questa buona notizia, in questa lieto annuncio la risposta a tutti gli interrogativi e bisogni dell’uomo.
Il Vangelo di oggi si conclude con la definizione del Battista da parte di Gesù, per qualcuno una sorta prima canonizzazione di un santo fatta direttamente dallo stesso Gesù. Infatti con l’espressione “più che un profeta” il Signore dice la luminosità della sua testimonianza, l’eroicità della vita, lo splendore del suo esempio, che trovano la pienezza nell’essere la realizzazione della profezia di Isaia “Ecco dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. Da qui la proclamazione ufficiale del più grande santo della storia del cristianesimo: “In verità io vi dico: fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista”. Infine una porta aperta verso una santità possibile per tutti, realizzabile da quanti sono disposti a prendere sul serio l’universale vocazione alla santità: basta farsi i più piccoli nel regno dei cieli per essere i più grandi e più santi di lui. Preghiamo dunque oggi in particolare affinché possiamo riscoprire la bellezza del termine “beato”, tante volte usato dallo stesso Gesù, che ci ricorda che se vogliamo essere veramente felici dobbiamo farci santi e che solo se riusciremo a farci santi saremo veramente felici. Solo così santità e felicità saranno sinonimi e consequenziali.