Da qui l’invito ad “avere fede”, proposta come antidoto e rimedio a tutte la negatività, confusione, agitazione, ansia, preoccupazione, paura racchiuse nell’espressione “non sia turbato il vostro cuore”. Sono tutti sentimenti che i discepoli provano dopo le parole pronunciate al termine dell’ultima cena, quando lo stesso Gesù preannunzia i fatti dolorosi della sua passione e morte. Il discorso di commiato di Gesù è un incoraggiamento prezioso, ieri ai discepoli, oggi ad ognuno di noi, che non poche volte proviamo sofferenza e agitazione, e per questo ci sentiamo spinti ad invocare con forza l’aiuto e la forza da parte del Signore. Ma chiediamoci: noi abbiamo fede? Abbiamo veramente accolto l’invito di Gesù: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”? La risposta potrebbe essere scontata per molti, ma poi sappiamo che nella vita di ogni giorno così non è. Siamo veramente disposti e capaci di farci condurre da Dio? Siamo come le pecore del vangelo di domenica scorsa, veramente disposti a seguire solo Lui, ad ascoltare solo la sua voce, a farci guidare solo da Lui?
All’importanza di avere fede Gesù non lega promesse di ordine temporale, materiale, terreno, ma sposta l’attenzione sulla dimensione celeste, divina, eterna, quella di un futuro di gloria che Gesù traduce con le parole “nella casa del Padre mio vi sono molte dimore, io vado a prepararvi un posto”. Si parla di futuro, di eternità, di paradiso. Ma cosa dicono a noi questi termini, che rilevanza hanno nella nostra vita quotidiana, e soprattutto nella nostra testimonianza di fede?
Un’altra riflessione potremmo inoltre fare sulla legittima richiesta di chiarezza e addirittura di visibilità mosse dall’apostolo Tommaso, passato alla storia proprio per la sua incredulità: “Mostraci il Padre e ci basta”. Ci basti la risposta chiara ed inequivocabile di Gesù, che si presenta come l’alter ego del Padre stesso (“chi vede me, vede il Padre”), e soprattutto come il modo unico, la strada sicura per giungere a Colui che in fondo tutti vorremmo vedere: “Io sono la via, la verità e la vita”.
Papa Francesco ci sorprende sempre con le sue provocazioni: “Ci sono vie che non portano in cielo: le vie della mondanità, le vie per autoaffermarsi, le vie del potere egoista. E c’è la via di Gesù, la via dell’amore umile, della preghiera, della mitezza, della fiducia, del servizio degli altri. Non è la via del mio protagonismo, è la via di Gesù protagonista della mia vita”.
Il vangelo si conclude con una promessa senza precedenti: “Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste”. Sappiamo che agli apostoli Cristo diede, insieme al mandato della predicazione, anche un certo potere taumaturgico: “Guarite i malati, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni”; “gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date” (Mt 10, 8). A noi non è dato questo potere, ma certamente Dio ci dà la possibile di compiere il miracolo più grande, quello dell’amore, che parte solo dalla consapevolezza di questa gratuità del dono ricevuto. Davvero basterebbe questo per compiere opere veramente grandi, gesti semplici di misericordia verso i fratelli in difficoltà. Chiediamo allora di crescere ogni giorno di più nella fede in Dio e di seguire solo Lui, via sicura per la nostra salvezza.
Monsignor Giacomo D’Anna