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Coronavirus ed effetti sociali, quali i numeri a Reggio Calabria?
Difficile, anzi impossibile ridurre tutto in cifre. Però voglio fornirvi un dato: 730 famiglie assistite attraverso il nostro numero verde. Un aumento del 200%, quasi il doppio rispetto al trend nazionale “fermo”, si fa per dire, al +114%. Sono numeri che ci allarmano perché abbiamo un’altra consapevolezza: adesso, paradossalmente, potrebbero ancora aumentare.
Chi sono i “nuovi poveri” che avete incontrato?
Anche in questo caso non è corretto «fare statistica». Certo, possiamo dire che per la prima volta siamo stati sommersi di richieste d’aiuto da parte di tantissimi lavoratori domestici che vivono da decenni ormai nella nostra Città. Ma non solo: in pochi, a dire il vero, si pongono il problema della scuole paritarie. Noi, in Caritas, ce ne siamo accorti da subito…
Come?
Tantissime congregazioni religiose ci stanno chiedendo aiuti alimentari. Coi pochi soldi che ricevono preferiscono pagare lo stipendio ai loro insegnanti.
Insomma, nonostante la fine del lockdown, questa crisi sembra solo all’inizio.
Esattamente. Ed è per questo che abbiamo deciso di intraprendere una nuova strategia. Un’idea fortemente voluta dall’arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini.
Quale idea?
Rafforzare la rete delle Caritas parrocchiali. Non esistono «zone franche» sul territorio per questo puntiamo a responsabilizzare le comunità. Siamo certi che grazie ai parroci riusciremo a far scattere la scintilla anche laddove, a causa del Coronavirus, si erano sospese le azioni di prossimità.
Sì, però, mancano strumenti e risorse. Come fare?
Non è del tutto vero. Certamente non abbiamo “pozzi d’oro”, però l’arcivescovo Morosini ha fatto una precisa scelta di campo. Una cospicua parte del finanziamento straordinario che la Cei ha destinato alla nostra diocesi sarà utilizzata con queste finalità: dare un supporto concreto alle parrocchie nel supportare le famiglie in difficoltà e i poveri del proprio territorio. Certo, non basterà. Poi ci vuole la fantasia della Carità.
Si spieghi meglio?
Nei prossimi giorni assieme alla Consulta delle Aggregazioni Laicali definiremo un programma di coinvolgemento per i soci delle tante associazioni diocesane. Bisogna ricoltivare il seme del volontariato: alcune esperienze di servizio, durante la fase emergenziale, sono state chiuse in virtù dell’età media dei volontari. Occorre creatività per stimolare i ragazzi. Tanti di loro, in realtà, non aspettano altro.
Come dovranno attivarsi le parrocchie per la “Fase Due” della prossimità?
Tre le direttrici che ci ha consegnato l’arcivescovo: cura dei bisogni primari delle famiglie, attenzione alle povertà educative e sostegno lavorativo.
Temi troppo vasti per essere sintetizzati così. Può entrare di più nel dettaglio?
Procederò per esempi. Dopo i primi due mesi saranno sempre di più le famiglie con grandissime difficoltà economiche: pensiamo alle utenze. Bisogna andare incontro a quanti non riescono proprio ad arrivare a fine mese. E ancora: la didattica a distanza sta mostrando tutte le disparità del Paese. Ci sono ragazzi che hanno i tablet, ma sono sprovvisti di connessione: potremmo ipotizzare una campagna di voucher digitali.
E sul lavoro?
Sgomberiamo il campo da equivoci. La Chiesa non ha le risorse dello Stato dal quale, da cittadini, ci attendiamo risposte concrete per tutti. Noi stiamo elaborando una proposta per artigiani, micro-imprese e venditori ambulanti per provare a dare una spinta iniziale nel riattivare la loro attività lavorativa.
Mi perdoni. La difficoltà maggiore è capire chi ha davvero bisogno. Come vi siete organizzati? Le parrocchie dovranno fare anche questo screening?
Visto che siamo in vena di inglesismi, vorrei raccontare cosa hanno fatto gli operatori della Caritas da inizio aprile. Parliamo di advocacy, ossia abbiamo accompagnato le persone nell’istruttoria per i bonus-spesa. Questo è solo uno dei servizi espletati che, più in generale, rientrano in una grande fase di monitoraggio che ci sta permettendo di definire le mappe dei bisogni sul nostro territori incrociando i dati del numero verde, dei centri d’ascolto, dell’Emporio solidale e delle persone affiancate rispetto al bonus-spesa e al reddito di cittadinanza.
Una conoscenza profonda del territorio. Eppure sui senzatetto…
Gli atti di interlocuzione con le Istituzioni sono stati tantissimi. Purtroppo, invece, scarsi sono stati i risultati: un servizio docce aperto in ritardo, per poche settimane (di cui l’ultima soltanto con l’acqua fredda) e mai sanificato.
A proposito di problemi atavici: cosa si sta facendo rispetto al rischio-usura?
Su questo fronte stiamo lavorando in modo unitario come Caritas Calabria. Abbiamo tante proposte sul tavolo e siamo in fase di sintesi. I nostri vescovi hanno espresso grande preoccupazione, allertando i volontari del Micro-credito e degli sportelli antiusura, come fatto anche a Reggio Calabria.
Un’ultima curiosità. Come sta andando la gestione degli approviggionamenti alimentari?
La Provvidenza non è mai mancata. Basti pensare che Caritas nazionale sta destinando delle donazioni alla nostra regione. Abbiamo dovuto allestire velocemente un luogo di stoccaggio. E anche in questo caso la scelta non è stata fortuita: è a Gioia Tauro in un bene confiscato alla ‘ndrangheta. Da un luogo “casa” di quanti affamano il nostro territorio a spazio di distribuzione del “pane quotidiano” per quanti hanno bisogno.