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Don Italo Calabrò, un prete abitato da Dio

Don Italo Calabrò con i suoi ragazzi di Reggio Calabria

{module AddThis}E’ stato soprattutto un sacerdote abitato da Dio,da Lui riceveva la forza per camminare, anche se molti lo ricordano per il suo impegno nel sociale, per le opere, per la sua azione contro le ingiustizie sociale e le mafie. Come tutti era condizionato dalla sua fragilità umana e dai suoi limiti, Ripeteva spesso a chi gli era vicino: quando non ci sarò più non mi presentate come una persona perfetta, se no vengo di notte mentre dormite a tirarvi i piedi.
Viveva sulla sua carne il conflitto di ogni cristiano, della coerenza, della fedeltà alla croce. Se leggiamo la storia dei santi questi stessi conflitti, questi tormenti interiori li ritroviamo tutti nel loro cammino, fatto di sofferta accettazione del disegno di Dio, del suo amore misericordioso ma anche esigente. Don Italo aveva un carattere forte, rifuggiva dalle sdolcinature e dalla retorica. Aveva anche i suoi momenti di collera –soprattutto quando vedeva minacciata la dignità ed i diritti dei poveri e dei deboli, come successe con il sequestro a Lazzaro del piccolo Diano. Ma poi con la preghiera, con l’immersione nella celebrazione eucaristica dalla quale attingeva conforto e forza, abbassava la voce e ritrovava parole di perdono e di speranza per tutti. E’ stato servitore dei poveri, tutta la sua vita è stata segnata da una profonda convinzione:la vita ha un senso solo se è dono e servizio: come posso dirmi cristiano, uomo se non lotto assieme agli altri? Bisogna amare tutti diceva ,ma la scelta preferenziale deve essere per i più poveri, quelli che Gesù elenca in Matteo 25,una delle sue pagine preferite del vangelo . La commentava dicendo: questo esame che il Signore ci ricorda che dobbiamo sostenere alla fine della vita è uno dei pochi di cui si sa già quali saranno gli argomenti in cui saremo interrogati!
La sua concezione del servizio (la parola volontariato arrivò dopo) era quella di uno stile di vita ordinario nel segno della condivisione e della lotta per la giustizia,dove i poveri non sono una categoria sociologica ma hanno nomi, volti, storie di vita da abbracciare. Un servizio da vivere con motivazioni ma anche con competenza per fare promozione umana e non assistenzialismo. E’ stato anche, come ha ricordato Mons. Mondello, ad una anno dalla sua morte, un educatore con un rapporto speciale con i giovani, vissuto nella gioia e nell’umorismo che lo caratterizzava.
Accanto ad essi senza paternalismo, con umiltà, senza sottrarsi al confronto ed alla contestazione anche dura.
Senza cadere nei luoghi comuni vedeva nei giovani i limiti, le debolezze, le incostanze ma anche e soprattutto le risorse ed i talenti. Chiedeva loro di camminare con la schiena diritta, di non piegarsi al clientelismo ed alla dipendenza mafiosa. Tanti ne ha strappati ad un destino criminale. Apriva strade come i profeti con il suo esempio, prima che indicarle agli altri. Il suo metodo di evangelizzazione era quello della gradualità della proposta cristiana, dove il servizio ai poveri era un mezzo per incontrare Cristo e la Chiesa. Lascia una grande eredità spirituale in tutti coloro che lo hanno conosciuto ma anche in coloro che attraverso il suo insegnamento e le opere che ha lasciato hanno imparato a conoscerlo, amarlo ed a seguire la strada da lui tracciata. Lascia le sue opere e le tante iniziative che a lui si richiamano, servizi-segno dell’amore di Dio per i più piccoli, luoghi dove ci si ama e si respira un clima di famiglia e di amicizia, dove è possibile riconoscere il volto di Dio nei più piccoli.