Così si presenta Gesù nel terzo giorno del suo ministero pubblico, esattamente il giorno dopo che Giovanni Battista è stato investito dal suo passaggio e ha capito che Colui sul quale ha visto «discendere e rimanere lo Spirito» è il Figlio di Dio, il compimento della sua profezia.
Un uomo che passa e si lascia guardare, anzi sembra che spunti lì proprio per offrirsi allo sguardo di uomini che cercano Dio e la verità della loro vita, in quel luogo denso di attese suscitate dalla parola del profeta. L’iniziativa di Dio e l’attesa dell’uomo, indispensabili perché avvenga l’incontro, come lo sono l’“io” e il “tu” in ogni relazione. Per evitare di mancare all’incontro occorre dunque essere disposti a rimanere in attesa dell’Amore, anche per un tempo indefinito, perché nello stesso istante in cui si smettesse di attenderlo, l’uomo smetterebbe di vivere. Sarà capitato a tutti di essere incuriositi dallo sguardo di una persona totalmente catturato da qualcosa; è lo sguardo che noti per primo e che ha il potere di trascinarti dentro l’oggetto da guardare. Sono gli occhi del testimone che muovono gli sguardi e i cuori dei discepoli, così come è la parola autorevole del profeta a far riconoscere in quell’uomo l’Agnello di Dio, termine che evoca la vittima pasquale che si sacrifica e il Servo di Isaia che inaugura un nuovo modo di vivere, in cui ai rapporti di forza si sostituisce il dono della vita.
I discepoli del Battista sono pronti a distaccarsi dal maestro per vivere un’altra appartenenza, fidandosi un’ultima e decisiva volta di colui che li aveva tenuti a battesimo. Possiamo immaginare questi primi passi dietro il nuovo maestro, del quale non sanno ancora nulla, se non che insegnerà loro il vero modo di essere uomini. La prima parola che Gesù rivolge loro non è una rivelazione di Sé o un comando, bensì una domanda: «Che cosa cercate?». La ritroveremo al momento dell’arresto di Gesù e a al mattino di Pasqua, rivolta a Maria Maddalena piangente. Una domanda che comincia adesso e rimarrà sempre aperta, e riemergerà soprattutto nell’ora della prova, in cui sarà facile perdersi ma sarà necessario ritrovarsi e ritrovare Il Signore. Dio fa appello alla parte più segreta di te, ti chiede di prendere contatto con te stesso, per decidere con verità e libertà se sei disposto a seguire l’Agnello. Per quale ragione segui Cristo? Gesù, voltandosi, mostra il suo volto di Agnello, non un volto trionfante. «Avete capito bene dove io sto andando e chi sono io, che mondo voglio costruire? Gesù vuole che chi lo segue sappia fin dall’inizio che proposta di mondo Lui sta facendo» (Fernando Armellini). È importante chiedersi questo all’inizio di un percorso con Cristo per non correre il rischio di rimanere delusi, di trovarsi a dover tornare indietro o addirittura di rinnegare il giorno in cui ci siamo fidati di Dio.
«Dove dimori?». Non sappiamo se la riposta dei discepoli sia stata la prima che sia venuta loro in mente, colti di sorpresa dalla domanda di Gesù, o l’espressione matura della fede di due credenti che non desiderano altro che “rimanere” (verbo della comunione tra Il Padre e il Figlio, tra Gesù e i discepoli) con Gesù nel seno del Padre. Questa esperienza di contemplazione trinitaria resta indelebilmente impressa nel cuore dei discepoli, come attesta l’indicazione dell’ora perfettamente ricordata, ma rimane ineffabile nel suo contenuto, perché ogni uomo deve poterla vivere personalmente e introdurre in essa altri fratelli: l’invito «venite e vedrete», i verbi della fede in Giovanni, vale per tutti in ogni tempo. «Chi ha capito che solo se si è agnelli si è uomini veri, non può trattenere questa scoperta per se stesso, sente il bisogno incontenibile di raccontare agli altri l’esperienza di gioia che ha fatto incontrando Cristo Agnello» (Fernando Armellini).
L’incontro con Pietro aggiunge un’altra tessera al mosaico della relazione tra Gesù e l’uomo: il nome nuovo, o meglio la rivelazione della tua vera identità, perché Cristo non solo ci conosce così come ci conoscono tutti, ma ci conosce ancora prima di noi stessi, conosce la nostra vera identità quando ancora noi la stiamo maturando, vede il potenziale nascosto dentro di noi quando ancora noi siamo fermi a guardare i nostri limiti.