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Sulle note dell’inno giubilare “Misericordes sicut pater”, più che mai significativo in quest’occasione, soprattutto nelle parole “da Lui confortati, offriamo conforto”, “ l’amore spera e tutto sopporta”, sono entrati in Cattedrale quelli che l’Arcivescovo Morosini ha definito “i protagonisti” della celebrazione: gli ammalati, le loro famiglie, e i volontari, rappresentati dall’UNITALSI, il cui carisma è proprio di impegno nell’aiuto di chi soffre e dall’AVO, che presta conforto agli ammalati degli ospedali reggini.
L’arcivescovo Morosini ha avuto le sue prime parole, all’inizio dell’atto penitenziale, per predisporre gli animi alla riflessione, in una giornata così particolare, su quel monito consegnato da Gesù che costituisce il tema della meditazione di fede in questo anno giubilare : “siate misericordiosi come il Padre vostro”: “chiediamoci – egli ha detto- da una parte se “siamo stati capaci di vedere la misericordia di Dio nelle nostre sofferenze” e dall’altra “siamo stati immagine di Dio per gli altri?”.
E’ questa la duplice valenza della misericordia: “siamo invitati ad accogliere la verità della misericordia accogliendo la misericordia di Dio per noi, ma anche accogliendo l’invito da Dio alla misericordia verso i fratelli”.
Illuminando il mistero del dolore con la luce della misericordia, essa lo trasfigura e gli dà un senso che supera tutti i tentativi umani di trovare spiegazioni e risposte alla sofferenza, ci insegna “il significato del dolore e il significato da dare alla vita quando la vita è toccata dal dolore”.
Rivolgendosi agli ammalati, l’Arcivescovo Morosini li ha esortati a non guardare alla propria vita con la “consapevolezza di essere stati sfortunati”: “non considerate male la vostra vita solo perché non avete quella piena attività che hanno gli altri che sono in salute, perché la vita non vale se noi riusciamo a correre, se camminiamo da soli o se invece c’è qualcuno che ci dà una mano, se siamo scienziati o se invece non riusciamo ad avere la pienezza vitale: la vita vale se noi riusciamo ad amare, a ricambiare la persona che ci sta accanto con un servizio”. E “se un ammalato è capace di sorridere e di amare la sua vita, la sua vita non è inutile. Ecco la misericordia”.
Proprio per questo l’Arcivescovo ha chiesto agli operatori del mondo della salute, che scelgono “di essere immagine di Dio per il fratello che soffre”, che il loro sia “un volontariato continuo”, per poter essere sempre “ espressione della misericordia di Dio”. Nella liturgia la vicinanza di Dio si rende segno attraverso il sacramento dell’unzione degli infermi, che, come ha spiegato l’Arcivescovo, indica anche la strada della conversione. Il Presule, insieme agli altri sette sacerdoti presenti ha amministrato l’Unzione agli ammalati presenti.
La Celebrazione si è conclusa con la recita della preghiera scritta da papa Francesco per la Giornata Mondiale del Malato di quest’anno.