Si riparte oggi dalla 13ª Domenica del tempo liturgico considerato della ferialità della vita cristiana, dell’ordinarietà della nostra fede, da vivere non solo in occasione delle grandi feste annuali o nei momenti eccezionali della nostra vita sacramentale, ma quotidianamente.
Riflettiamo adesso sulla prima parola: determinazione. È Gesù che la vive in prima persona, quando senza esitazione e tentennamenti si dirige verso Gerusalemme. La traduzione letterale del verbo, “rese il suo volto duro”, non indica la volontà di una persona corrucciata e arrabbiata, ma decisa e determinata. Gesù sa che a Gerusalemme non va a fare un bel giro turistico, è cosciente di tutto il male che lo attende, conosce bene le sofferenze e le prove a cui dovrà andare incontro, eppure non esita a mostrarsi come un condannato a morte che va al patibolo a testa alta, per esprimere non certo la sua fierezza e superbia, ma la piena e libera decisione di compiere in tutto la volontà del Padre, che gli chiede di sacrificare la sua stessa vita per la salvezza del mondo. Credo che oggi più che mai noi cristiani del terzo millennio dobbiamo riscoprire questa virtù, dobbiamo cioè convincerci che non possiamo vivere con i nostri mille “se” e “ma”, appoggiandoci sui nostri “poi vediamo e decidiamo”, ma specialmente nelle svolte decisive della vita dobbiamo avere il coraggio, non dobbiamo avere paura di accogliere l’invito… che un giorno mi fece il mio padre spirituale quando non riuscivo a decidermi definitivamente per la mia scelta vocazionale: «Giacomo, oggi il Signore dice a te quello che un giorno disse a Giuda: ‘quello che devi fare fallo in fretta!’. Metti da parte le tue perplessità e le tue esitazioni e deciditi per Dio! Fidati di lui! Affidati a lui!».
La seconda parola è vocazione. Che bello pensare che tutta la nostra esistenza umana e cristiana non è altro che una chiamata d’amore da parte di Dio. Ci chiama innanzitutto alla vita; poi alla fede, facendoci con il battesimo cristiani; quindi a una vocazione di speciale consacrazione o matrimoniale. E ci chiama sempre, per ricordarci che non noi abbiamo scelto Lui, ma Lui ha scelto noi, e ci ha scelti così come siamo, con il nostro bagaglio di fragilità e di miserie umane.
L’ultima parola è sequela. Nei tre incontri riportati nell’odierno Vangelo ci sono delle indicazioni molto forti e precise da parte di Gesù, che umanamente ci spiazzano. Esse sono tre e sono: prima, quella di non volere posti fissi, o come le chiama Lui, “tane per le volpi” e “nidi per gli uccelli”; seconda, quella di lasciare che i morti seppelliscano i loro morti; terza, quella di non voltarsi indietro dopo aver messo mano all’aratro.
Tre indicazioni che dicono tre modi di fare, tre stili di vita. Innanzitutto il richiamo alla povertà evangelica, che ci porta a non avere una fissa dimora e possedere beni materiali in cui confidare. Segue poi quella di non anteporre a Lui nessun affetto umano, neanche quello più sacro verso il padre o la madre, per poter servire Dio e i fratelli con maggiore libertà e disponibilità. Infine la terza indicazione è quella che le riassume tutte, la determinazione, la sicurezza nel porre le nostre azioni, che porta a considerare che seguire Gesù è un imperativo che richiede grande libertà di spirito. Gesù, esigendo la dovuta decisione, ci invita a fidarci di Lui, ad avere fiducia solo nel suo amore, ricordando che non possiamo “servire a due padroni”, il nostro Dio e il nostro “Io”. Seguendo l’esempio di Cristo, che in piena libertà e determinazione scelse di andare a Gerusalemme, percorrendo la via dell’abnegazione e della sofferenza per amore, anche noi dobbiamo fare le nostre scelte, radicandole sulla sua: solo così lo potremo «seguire con libertà e fermezza senza nulla anteporre all’amore per Lui».