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Deserto, spazio di partenza

Deserto e Quaresima

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Tempo in cui il deserto è lo spazio di partenza, in cui la volontà, di iniziare il cammino, è messa in discussione da colui che teme la realizzazione di questo percorso e tenta in tutti i modi di bloccare sul nascere la nostra libertà. Più l’uomo accoglie il disegno di Dio in Gesù Cristo, più il maligno si sente in pericolo e si ribella cercando di recuperare terreno sfruttando il suo unico potere, la capacità di insidiare attraverso l’inganno. Gesù stesso sperimenta questi attacchi, li vive come noi, per noi e con noi, ma soprattutto li vince perché noi possiamo vincerli in lui e con lui.
La prima lettura, dal libro del Deuteronomio, indirettamente ci introduce a questo episodio iniziale della vita di Gesù, le parole del Testamento di Mosè, infatti, vogliono ricordare all’Israelita la relazione che c’è tra Dio e l’uomo, un legame che si rende possibile attraverso il dono della terra, nel concreto del Deuteronomio e per il popolo d’Israele, la terra promessa all’inizio, e sempre, per ogni uomo, il dono della terra. Portare la cesta con le primizie consegnarla al sacerdote, infatti, era il gesto di rendimento di grazie che permetteva di fare memoria che la terra e i suoi prodotti sono dono d Dio che l’ha consegnata all’umanità affinché la riempia e la soggioghi (Cfr. Gn 1,28). Deporre la cesta e prostrarsi davanti a Dio significa riconoscere che la terra appartiene a Dio che continuamente conferma il suo dono nella storia e che e che può toglierla a chi non si dimostra degno e consegnarla a chi è stato umiliato e maltrattato. Perché Dio dovrebbe togliere la terra all’uomo? Forse perché l’uomo non ha voluto soggiogare la terra, ma ha permesso al maligno di occupare il suo posto e usare la terra non come strumento per la vita dell’uomo ma per la morte?
Mi sembra che questa sia l’indicazione che ci dà il brano evangelico, come per Israele il dono della terra viene preparato dall’esperienza del deserto, in questo luogo Dio educa ad apprezzare ogni cosa perché è dono di Dio, così Gesù, rappresentante della nuova umanità, viene condotto nel deserto perché attraverso la sua debolezza umana, la fame, la povertà e la tentazione, possa sperimentare la potenza di Dio e della sua parola. Nelle tre tentazioni, infatti, il diavolo rispetta la sua natura di spirito (impuro) e agisce attraverso la parola, non ha altro se non quello, attraverso la parola “attraente” e ingannevole spinge l’uomo ad agire. In un primo momento sembra che il maligno si concentri sull’identità divina di Gesù, nella prima e terza tentazione lo sfida esplicitamente: “Se tu sei il Figlio di Dio”, in realtà ciò che lo infastidisce, anzi lo terrorizza non è solo la sua identità divina ma trovarlo davanti a se come uomo. Ciò che satana non può sopportare è che il Figlio di Dio si sia incarnato. Nel corso della vita terrena di Gesù, lo riconoscerà più volte nella sua divinità (Cfr. Mc 1,25; 5,7) e si sentirà attaccato e in pericolo (Cfr. Mt 8,29). Il diavolo sa che Gesù è il Figlio di Dio ed è capace di riconoscerlo, ma non sopporta che il suo dominio sulla terra sia messo in pericolo dalla presenza di Gesù, sa che nel momento in cui il “Regno di Dio si avvicina” per l’uomo è possibile essere liberato dalla sua schiavitù e condividere la signoria di Dio in Cristo. Il maligno sa che Gesù è il Figlio di Dio ma non vuole “credere” che sia diventato uomo. È diventato uomo per fare la volontà di Dio, lontano dal pensare che l’uomo viva di solo pane, trascurando la parte spirituale e la Parola di Dio. In Cristo l’uomo diventa capace di sfuggire all’idolatria del possedere e del potere, all’adorazione di ciò che non è Dio, e di fidarsi di Dio senza metterlo alla prova.
Ed è qui che satana fallisce e Dio vince, nella possibilità di essere uomini facendo la volontà di Dio, che si manifesta nella Parola fissata dalla scrittura, Gesù, infatti, non risponde alle tentazioni con miracoli o prodigi, ma con la Parola di Dio rivelata agli uomini, l’unica cosa che “tocca” lo spirito impuro, una parola che libera l’uomo dal maligno lo costituisce e lo conduce alla pienezza della condivisione della regalità di Dio.