{module AddThis}Tutto questo attraverso l’andamento dell’anno liturgico, con le celebrazioni del mistero di Cristo, vivendo pienamente questo dono abbiamo la possibilità di cambiare continuamente noi stessi, per essere sempre più graditi a Dio. È in questo contesto che si pone la celebrazione del Corpo e Sangue di Cristo, che la sapienza della chiesa pone tra le solennità che ci fanno passare dolcemente dal tempo pasquale a quello ordinario. Prendendo coscienza della continua presenza reale di Gesù la liturgia della parola ci invita a cogliere i significati di questa presenza, di accoglierli nel nostro cammino e di viverli pienamente nella nostra vita.
Rispetto ai brani evangelici proposti nell’anno A (Cfr. Gv 6,51-58) e B (Cfr. Mc 14,12-16). 22-26), dove Gesù parla esplicitamente del suo corpo (carne) e del suo sangue, nel brano proposto dall’anno C (Lc 9,11-17) viene raccontato l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Stupisce come ancora oggi molti cristiani vedono in esso solamente un “semplice miracolo” e fanno fatica a vedere il significato eucaristico così come ha Gesù e raccontato dall’evangelista.
Rispetto al racconto dell’ultima cena il significato è meno esplicito, ma nello stesso tempo aggiunge qualche elemento. Per cogliere la pienezza del significato del brano è bene soffermarsi sulla parte introduttiva che in qualche modo determina e orienta il gesto di Gesù. La pericope inizia con la descrizione di quello che Gesù sta facendo: la cura degli ammalati, l’annuncio del regno di Dio.
Umanamente gli apostoli sanno che oltre a queste cose ogni uomo ha bisogno di trovare alloggio e di mangiare e, giacché il giorno comincia a declinare, chiedono a Gesù di congedare la folla. Tutto poneva finire con questa richiesta, Gesù stesso dopo aver annunciato il regno poteva accogliere la richiesta, accettare la separazione delle due cose, per ognuna un momento diverso e una fonte diversa. Se ci pensiamo un attimo, come tante volte succede a noi oggi, la vita vissuta a compartimenti stagni, da una parte il nostro rapporto con Dio, dall’altra le nostre cose, il nostro rapporto con il mondo, due cammini paralleli, che non si devono toccare.
Ciò che ha cambiato l’andamento della storia dei discepoli e della folla allora, e che necessariamente deve cambiare ora quella della chiesa, è la richiesta di Gesù ai dodici: “Dategli voi stessi da mangiare”. Questa richiesta, nel significato eucaristico del brano, aggiunge qualcosa al racconto dell’ultima cena in cui Gesù dice: “Fate questo in memoria di me”. Gesù vede nella folla il bisogno di un cibo particolare che solo gli apostoli e loro successori possono dare. La domanda apre uno spazio all’incomprensione dei discepoli e nello stesso tempo all’azione di Gesù. Come tante volte la chiesa oggi, i discepoli si concentrano su ciò che manca e non su quello che c’è: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare vivere per questa gente”. Non riescono a percepire la presenza e la relazione con Gesù come qualcosa da donare. Davanti all’umanità “affamata” la soluzione non è quella di andare a comprare viveri, fino alla conclusione della giornata la soluzione, l’unica soluzione, è Gesù.
Quello che Gesù opera capovolge ogni logica umana riguardo al bisogno della folla, riguardo al ruolo degli apostoli. Gesù agisce iniziando da quello che i discepoli hanno: cinque pani e due pesci. Varie sono le interpretazioni date a questi due elementi, tra questi i cinque libri della Torah, con riferimento al primo, e il duplice comandamento dell’amore, verso Dio e verso il prossimo, con riferimento al secondo. Sicuramente Gesù parte non solo da quello che hanno ma anche da quello che sono, la fragilità della natura umana, quella che lui ha assunto, quella che lui ora prende e alza gli occhi al cielo. In un solo versetto è descritta tutta l’azione di Gesù, in soli cinque verbi c’è tutta la sua relazione con Dio, con la Chiesa e con il mondo: prendere (i pani e i pesci), alzare (gli occhi al cielo), benedire, spezzare, dare (ai discepoli).
Tutto il suo agire è finalizzato all’umanità: “Perché li distribuissero alla folla”. Sembra che ci sia una corrispondenza chiastica, prendere per dare, alzare gli occhi al cielo per potersi spezzare, e al centro di tutto il benedire. In quest’ultimo atto c’è tutto se stesso, tutto quello che viene da Dio a favore dell’uomo. Il Dio Altissimo ha posto ogni cosa nelle mani del Figlio, egli ha donato tutto se stesso perché – tramite ogni apostolo – possa arrivare alla folla. E tutti mangiarono e si saziarono…