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Dalla chiusura all’annuncio, la metamorfosi della Pentecoste

Lo Spirito Santo scende sugli apostoli e Maria

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Questo dinamismo capace di ricreare il cuore corrotto dell’uomo e di orientarlo verso il Signore, viene riconosciuto dalla fede cristiana con il nome di una persona vivente, Spirito Santo. La liturgia della domenica di Pentecoste dell’anno C ci racconta l’agire storico di Dio attraverso il dono dello Spirito attraverso tre momenti. Il primo, il brano evangelico tratto dal vangelo di Giovanni presenta lo Spirito come promessa, lo definisce non nella sua identità ma nella sua funzionalità, nella sua relazione da una parte con le altre persone della Trinità, dall’altra con l’uomo. Il secondo momento, il brano degli Atti degli Apostoli, ci racconta il “compimento”, come lo Spirito Santo è stato donato, anche Luca non si preoccupa di definire lo Spirito, ma si concentra a descrivere il “come” avviene e soprattutto l’effetto sui discepoli. Nel terzo, i versetti della pericope della lettera ai Romani, l’apostolo Paolo ci spiega che cosa significa essere abitati dallo Spirito Santo.
Quando parliamo di amore, dobbiamo tenere presente che non è, come a volte si pensa, una realtà astratta, ma concreta e dinamica. La sua concretezza è legata al soggetto amante, per questo nel rapporto Dio – uomo l’amore, che dimora nel cuore umano, è in continuo divenire e questa crescita è legata strettamente al dono che riceve da Dio. C’è un momento iniziale, questo viene definito da Gesù come accoglienza, obbedienza ai comandamenti, ascolto della sua parola.
Quest’atteggiamento “permette” la preghiera del Figlio al Padre e il conseguente dono del Consolatore. Il termine stesso definisce lo Spirito riguardo a “Noi”, il Consolatore colui che si mette accanto, che rende possibile il dimorare del Padre e del Figlio in noi, viene ulteriormente caratterizzato dal “rimanere con voi per sempre”, dal “v’insegnerà ogni cosa”, e dal “vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Tutto questo permette la risposta all’amore del Padre e del Figlio e fa entrare ogni uomo nel dinamismo di amore trinitario.
Luca racconta il compimento della promessa dello Spirito come un evento comunicativo. Lo Spirito, difficile da afferrare e descrivere, viene mandato da Dio, entra in modo dirompente nella casa e nel corpo dei discepoli è opera una trasformazione. Come il vento, uno, capace di riempire la casa, come il fuoco, molteplice, si posa su ciascuno e dà possibilità di parlare in altre lingue. Per Luca l’azione dello Spirito è fondamentale strumento di annuncio, la Parola nella sua corsa deve raggiungere i confini del mondo, affinché ogni uomo possa ascoltare l’opera di Dio Gesù Cristo. Si crea così nuovamente l’opportunità di amare Gesù e di osservare la sua parola, di entrare in comunione con il Figlio e con il Padre, di vivere la vita divina attraverso lo Spirito.
È questo che intende Paolo quando parla di del dominio, lo Spirito, infatti, è l’unico capace di dare vita al nostro corpo morto a causa del peccato: “E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà vita ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”. Lo Spirito che abita in noi ci aiuta a far morire le opere del corpo e vivere. La vita di cui stiamo parlando è dinamismo divino, che guida l’uomo alla figliolanza divina. Come prima cosa lui attesta a noi chi siamo diventati: “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio, E se siamo figli siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare alla sua gloria.”. Perché il Padre si possa compiacere in noi come continuamente si compiace del suo Figlio diletto. Prendendo coscienza della realtà di “Figli”, per mezzo dello stesso Spirito possiamo gridare. “Abbà, Padre!”.