«Per me è stato questo il primo dono. È stata Katia a darmi l’input iniziale – racconta Gabriele – ad incoraggiarmi, ad appoggiarmi, ad aiutarmi a rompere quel muro che mi ero creato», un misto di vergogna e paura che lo aveva fatto sentire diverso. E lo aveva indotto ad allontanarsi dalla sua chiesa, nonostante sin da piccolo partecipasse spesso alla Messa domenicale.
«I miei genitori mi hanno sempre cresciuto da cristiano e quando ero piccolo a volte non ci facevo neanche caso, era come se i sacramenti ce li avessi». Gabriele non ha mai chiesto ai suoi genitori – cristiani anche se non abitualmente praticanti – perché non è stato battezzato: «Forse – dice – si aspettavano che un giorno lo facessi!». Nel cammino del catecumenato lo hanno seguito e accompagnato nei vari riti con la loro presenza. «Adesso sono io che cerco di convolgerli!».
Nella comunità neocatecumenale della parrocchia “San Pio X”, Gabriele dallo scorso anno si prepara per ricevere i sacramenti con un percorso formativo di lettura della Sacra Scrittura: «La comunità è stata per me una sorpresa – spiega – in comunità non ti senti diverso, perché ognuno porta dentro la sua storia, la sua chiamata secondo un disegno che è unico per ciascuno. Il mio è stato un percorso diverso dagli altri, ma ci sono arrivato, Lui ha voluto che arrivassi qui! Avvicinarsi alla fede non è sempre un cammino facile, ci sono momenti di sconforto, di difficoltà, accadono tante cose che poi alla fine capisci che ti hanno portato a questo, come un puzzle che si completa. Mi sento fortunato perché sono stato attirato, come la pecorella smarrita». «Se leggere e meditare la Parola – continua – mi ha fatto comprendere diversamente la fede. Ho capito che il Vangelo si deve vivere, altrimenti è inutile ricevere i sacramenti. Finora l’essere impossibilitato a riceverli, pur partecipando alle celebrazioni eucaristiche, mi è servito a vivere il sacrificio, a rendermi conto che solo la grazia aiuta a sentirsi completi».
Per Gabriele quello che conta «non è solo arrivare al Battesimo, ma tutto il percorso fatto, che gli ha cambiato completamente la vita e gli ha fatto sentire la necessità di pregare, di affidarsi al Signore».
«Ho notato dei cambiamenti su me stesso – dice – : adesso quello che prima guardavo con superficialità è diventato importante, mi fa avere un approccio diverso con gli altri, mi fa desiderare di aiutare il prossimo e cerco di impegnarmi sempre di più per poterlo fare».
Questo, ci tiene a ribadirlo, è uno degli insegnamenti più importanti del suo catechista che gli ricorda sempre: «Quando aiuti qualcuno fallo in maniera anonima, nel silenzio, senza aspettarti il suo grazie». Il catechista Giuseppe Pisano, responsabile della terza comunità neocatecumenale ormai da 22 anni, racconta il che il confronto con Gabriele è stato un dono, un’esperienza «che aiuta a verificare le cose che pensi di sapere e ti rafforza nell’umiltà. Il Signore chiama, affida, offre lo spunto, semina segni che bisogna interpretare, su cui fare discernimento. La missione di un formatore deve sempre partire dal cercare di capire sin dal primo giorno le intenzioni reali di chi chiede i sacramenti, diventati quasi un lasciapassare per il matrimonio, sviliti nella loro potenza rigeneratrice dalla famiglia ed in generale dall’attuale cultura mordi e fuggi della società attuale».
Di fronte ai tanti giovani che abbandonano la fede, una storia come quella di Gabriele ha in sé qualcosa di speciale e mostra a tutti che si può rinascere a nuova vita.
Antonia Cogliandro