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Ce lo spiega il Maestro: donna e uomo uguali in dignità

Oggi Egli propone un altro insegnamento di vita circa il matrimonio, come espressione più alta dell’amore umano. Ci piace vedere proprio in questo progetto d’amore divino il sogno di Dio, che indica agli uomini famiglie come la sua, famiglie dove ci sono persone diverse tra di loro, ma che si amano senza scadenze, paure, calcoli, perché sono unite come fossero una sola persona. Purtroppo oggi il discorso dell’amore coniugale scade spesso nell’aspetto legalistico del divorzio. Gesù invece non cade nella trappola preparata dai suoi interlocutori, ma ritorna alla bellezza del progetto originario descritto da Dio già nella Genesi. Siamo nelle prime pagine della Bibbia ed è proprio lì che Dio ci indica il senso fondamentale della vita umana. Davanti alla creazione dell’uomo e della donna, uguali in dignità, grado e posizione, si precisa che la “sua immagine e somiglianza” non è impressa solo nell’uomo, nella sua perfezione e compiutezza, non è stampata solo nella donna, nella sua bellezza e avvenenza, ma la vera fotografia di Dio è costituita dall’uomo e dalla donna insieme per sempre. Guai a noi a perdere, per andare dietro a legalismi vuoti e insignificanti, la bellezza di questi due ultimi termini: “insieme” e “per sempre”. L’amore non può essere solitudine, isolamento, chiusura, così come non può rientrare nella categorie dell’usa e getta, dell’effimero, del temporaneo e passeggero. “L’amore è eterno finché dura” è il titolo di un famoso film di Carlo Verdone, un film bello e divertente che forse riesce a ben descrivere la mentalità di questo nostro tempo, ma che niente ha a che fare con il disegno di Dio. Il Creatore certamente non ha voluto per mettere sul nostro collo un cappio, un peso e privarci della libertà, ma nel matrimonio ci ha donato un modo concreto per esprimere la nostra grande capacità relazionale e conseguire la nostra vera felicità.
Gesù sottolinea che “per la durezza del cuore dell’uomo” Dio permise attraverso la legge di Mosè la possibilità del ripudio o, come la definiamo oggi, la legge del divorzio. Come cristiani non possiamo restare indifferenti, né tantomeno considerare una cosa normale, scontata, quasi un segno della modernità il fallimento dell’amore coniugale, la sconfitta dei tanti divorzi, la rovina delle tante separazioni. Per ogni cristiano il naufragio di ogni matrimonio, senza per questo giudicare persone e situazioni, ai quali va tutto il nostro rispetto e solidarietà, dovrebbe essere considerato il fallimento non solo di una coppia, non solo di una famiglia, ma della comunità civile e religiosa. Allora oggi non possiamo non pregare per ogni famiglia, affinché riscopra la bellezza del progetto di Dio per essa, diventi sempre più palestra indispensabile per allenarci all’amore, Chiesa domestica e scuola di vita dove imparare il rispetto, la riconoscenza, il servizio, la gioia di stare insieme e di collaborare per il bene di tutti, affinché – come dice la liturgia di oggi – “nella santità dell’amore nulla separi mai quello che Dio stesso ha congiunto”.