Mercoledì tre maggio si è svolto l’ultimo incontro zonale del secondo anno di cammino sinodale della diocesi di Reggio Calabria Bova che culminerà nell’incontro di sintesi che si terrà il prossimo 7 giugno in Cattedrale. Un’ottima occasione per ritrovarsi, riflettere e riprogrammare «insieme» il proprio essere Chiesa e comunità. È questo uno degli aspetti emersi proprio in occasione delle “ lectio” che, da novembre ad oggi, hanno animato il primo mercoledì del mese nelle undici foranie della diocesi reggina – bovese.
Non eventi formativi, ma veri e propri “cantieri” che hanno preso spunto dai “Cantieri di Betania” proposti in questa seconda fase del sinodo, in cui ciascuno non ha fatto mancare il proprio contributo. A far da filo conduttore le meditazioni affidate, di volta in volta, a testimoni scelti dall’arcivescovo Morrone tra presbiteri, diaconi, consacrati e laici. Espressione delle diversità che si incontrano nell’unità.
Gli incontri sono ripresi dopo la pausa per le celebrazioni pasquali. L’ultima lectio zonale è coincisa anche con la meditazione sull’ultimo dei tre “Cantieri di Betania” aperti nel corso di questo lungo anno: il cantiere della diaconia e della formazione spirituale, preceduto dal cantiere dell’ospitalità e della casa e da quello della strada e del villaggio.
Un percorso che volge, dunque, a conclusione ma che si propone come qualcosa in più di un semplice «tirare le fila su uno “stile” di Chiesa sinodale che è popolo di Dio, radunato dall’amore trinitario, inviato per la missione», spiega monsignor Salvatore Santoro, pastore della parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, che ha guidato la riflessione dell’ultimo incontro della zona pastorale Reggio centro, ospitato presso l’Auditorium “Don Orione” di Sant’Antonio.
Al centro di ciascuno incontro zonale, l’Inno alla carità di San Paolo ( 1Cor-13), in cui si parla «dell’amore per eccellenza». Un amore che «Paolo definisce “sublime” e – a detta di monsignor Santoro – rappresenta quasi la sintesi di tutti i carismi e i doni di cui abbiamo bisogno per sentirci Chiesa e, allo stesso tempo, strada e cammino».
In questo testo, ha ricordato il presbitero, l’apostolo delle genti, «afferma che nell’amore per eccellenza si intravede la via sublime, la via più grande: “odòn”». Un amore, insomma, che è «come un sinodo, un cammino che è anche una meta e uno stile».
Dalla riflessione alla testimonianza, «sono stati tanti gli spunti emersi nel corso di questa bella esperienza», afferma ancora il sacerdote. «Contenuti di cui cercheremo di fare tesoro. Ma al di là di questo, ad arricchire l’esperienza sinodale sono stati la responsabilità e anche la gioia di ritrovarsi insieme, popolo di Dio, nell’ascolto reciproco della Parola. Un percorso – conclude monsignor Santoro – iniziato dalle lectio sinodali, ma destinato a diventare vita vissuta all’interno delle nostre rispettive comunità ecclesiali».
Perché credere a questo Sinodo, quale la novità che introduce nella Chiesa? «È una domanda che ciascuno si è fin qui portata dentro e alla quale abbiamo dato risposta nelle parole della prima lettera di San Paolo ai Corinzi che ci ha accompagnato durante questo percorso». Suor Eva Furiani, custode delle suore Francescane alcantarine di Reggio Calabria ha guidato l’ultima lectio della zona Gallico-Catona.
«Le parole dell’apostolo – spiega suor Eva – ci rimandano all’amore gratuito di Cristo che ci rende capaci di poterci donare nella gratuità, quando facciamo servizio nella Chiesa, ma anche nella nostra vita quotidiana, sul posto di lavoro, nella nostra famiglia. Riscoprire che noi viviamo impastati dentro a questo amore gratuito ci fa apprezzare il valore della nostra esistenza e dire appunto che è il Signore a donarci la vita eterna».
San Paolo – conclude la Francescana alcantarina – «non fa altro che dirci che l’amore di Cristo ci spinge ad una novità, ossia alla possibilità di amare alla sua maniera anche nel nostro quotidiano e ad avere occhi contemplativi per poter vedere che in ogni piccola cosa che noi facciamo c’è custodito l’amore di Dio».
«Vivere l’esperienza del Sinodo significa anzitutto riscoprirci un’unica famiglia, per parafrasare il Vangelo della settimana scorsa: un unico gregge che riconosce la voce del proprio pastore, l’ascolta, la segue e viene condotto quei pascoli che conducono alla felicità qui sulla terra e nell’eternità, quando sarà nella visione beatifica di Dio». Commenta così, il Cammino sinodale della Chiesa di Reggio Calabria – Bova, don Luigi Cannizzo, parroco della comunità di Santa Maria della Candelora e vicario foraneo della zona pastorale Reggio Centro.
Abbiamo raccolto la sua testimonianza a margine dell’incontro ospitato presso l’opera “orionina” della collina degli Angeli. Assemblea questa, così come le precedenti, a cui hanno partecipato, gli uni accanto agli altri, presbiteri, religiosi, diaconi, animatori parrocchiali e laici. Ciascuno chiamato ad esercitare la propria missione all’interno delle rispettive comunità. «Non siamo qui a tirare delle conclusioni aggiunge ancora il presbitero ma certamente per cogliere un’opportunità che c’è stata data e di cui faremo sicuramente tesoro, condividendo quanto emerso ed amplificandolo, con le nostre comunità».
«Nonostante il percorso si avvii a conclusione, tuttavia, va ricordato – aggiunge don Cannizzo – che la Chiesa non si ferma mai. È sempre in cammino perché una comunità di credenti è un popolo che cammina ed è un popolo che sa che sale su questa barca, che nonostante i marosi, nonostante i flutti, è sempre guidata da un timoniere d’eccezione, Gesù Cristo. E certamente continuerà a lungo a vivere l’esperienza della comunione effettiva ed affettiva tra tutti noi».
Il cammino sinodale «intrapreso nella nostra comunità diocesana è stata un’esperienza vissuta come una sorta di novità per gran parte di noi fedeli laici», è la testimonianza di un animatore parrocchiale. «Tuttavia, l’invito a camminare insieme ha contribuito, almeno per quel che mi riguarda, a riscoprire il valore della missionarietà».
«Il mettersi in ascolto, il donarsi, in modo gratuito, all’altro, comprendere che qualunque cosa facciamo ci fa riscoprire la bellezza della vita che il Signore ci ha donato è il bello legato a questa esperienza», ancora la testimonianza. L’esperienza del cammino sinodale, dunque, partendo proprio dalle piccole cose, «in ciascuna delle nostre comunità è occasione per farci lavorare insieme e riscoprire il valore delle relazioni e dei sacramenti da vivere non solo come un fatto privato, ma comunitario».