Cammino sinodale a Reggio Calabria, ecco il documento di sintesi integrale
Il Cammino sinodale, intrapreso ormai da due anni, dopo un’iniziale incertezza e indecisione, sembra aver preso quota ed è stato vissuto con maggiore interesse e partecipazione, a partire dalle Zone Pastorali.
La Parola di Dio ha scandito il punto di partenza della meditazione mensile della Parola di Dio, che ha aperto cantieri e provocato riflessioni e percorsi. Coloro che nell’incontro zonale hanno partecipato ogni mese alla lectio divina sulla casa di Betania, si sono fatti carico di comunicare alle proprie comunità parrocchiali quanto hanno ascoltato, in modo da poter raggiungere quante più persone possibile. È stata rilevata una certa difficoltà nei presbiteri, che non sempre sono riusciti a cogliere la natura di cambiamento di metodo che il cammino sinodale propone, percependolo come un’aggiunta alla vita pastorale delle comunità.
Sono stati coinvolti gran parte degli operatori pastorali. Si è palesata come via e come progetto da attuare la maggiore attenzione per chi percorre la strada, per coloro che non vivono all’interno delle comunità e per le realtà politiche e sociali: eccetto pochissime eccezioni, rimane grande la domanda su come incidere nella società e soprattutto nel mondo giovanile.
È tuttavia cresciuta la coscienza del valore del camminare insieme, che appare come unico modo per vivere da credenti la comunità in questo tempo, educando ad esercitare l’arte della pazienza nell’ascolto, la crescita nella stima reciproca dei diversi e il venire in soccorso a chi è solo e ha fatto rinascere il linguaggio dell’accoglienza, dell’apertura verso il prossimo, della cura delle relazioni, cercando strade nuove, ospitali e coinvolgenti per tutti.
Per la continuazione del Cammino sinodale della nostra arcidiocesi quali esperienze scaturite dalla fase narrativa vogliamo continuare a far crescere nei prossimi anni? (Iniziative, progetti, cantieri iniziati…)?
Laboratori zonali di ascolto, accoglienza e programmazione per studiare, affrontare e saper interpretare i problemi che esistono nelle parrocchie e nelle zone pastorali. Non laboratori fatti a tavolino ma nati dall’incontro con il territorio, accettando il rischio di mettersi in discussione, per generare coinvolgimento e corresponsabilità. (Si è fatto un riferimento particolare ai Sacramenti ed alla pietà popolare che nei nostri territori aggrega le persone e attrae molti giovani, ma c’è il rischio che tali eventi rimangano fini a sé stessi, rilegati all’ambito puramente emotivo, che non hanno un risvolto nella vita e non favoriscono la coscienza stabile dell’appartenenza alla vita della Chiesa).
È stato individuato come punto nodale la scuola, dove la Chiesa può portare un contributo importante per la formazione e l’educazione delle giovani generazioni. A livello diocesano è stato avviato un percorso di incontro e di ascolto con dirigenti e docenti delle scuole di ogni ordine e grado ed è auspicabile che si prosegua su tale percorso. «La scuola racchiude in sé una grande opportunità e noi con la nostra presenza siamo già quella Chiesa in uscita così cara a papa Francesco (…) Nella Scuola noi portiamo con sincerità quello che siamo, non siamo noi la Verità ma siamo chiamati ad annunciarLa». (Monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo, 05-06-2023, Incontro con il personale della scuola sul tema La scuola riserva di speranza e di cambiamento).
In alcune Zone Pastorali si sono sviluppate sinergie formative tra parrocchie e scuole del territorio (anche paritarie non cattoliche). I risultati non sono soltanto “eventi”, che pur ci sono stati, ma soprattutto relazioni: ad esempio, in alcuni casi, davanti a situazioni di disagio familiare di alcuni alunni, sono stati coinvolti i parroci nelle dinamiche di intervento. Nell’ambito scolastico è risultato determinante l’affiancamento dei sacerdoti ai laici che già operano nelle scuole (o perché insegnanti o perché gestori o impiegati come personale Ata).
Cura e attenzione particolare per le famiglie, con esperienze zonali di accompagnamento alle giovani famiglie.
Quale esperienza vogliamo evidenziare come stimolo o spunto per la nostra Diocesi?
Si vuole dare particolare risalto all’esperienza degli incontri per la formazione degli operatori (nei vari ambiti della pastorale) organizzata per zone pastorali. La formazione degli operatori appare più aderente alle particolarità ed ai bisogni di ogni zona pastorale e del territorio sul quale la stessa insiste, mette assieme risorse ed energie, confrontandosi su problemi, difficoltà e ricchezze e favorisce la partecipazione delle persone che non devono e non possono spostarsi sempre verso il centro, con tante difficoltà, specialmente per chi deve muoversi dalle periferie della Diocesi.
Questi incontri favoriscono la conoscenza e lo scambio di idee tra gli operatori pastorali dello stesso territorio, li aiutano ad uscire dal proprio “campanile” all’ombra del quale si sta bene ma che rischia anche di chiudere gli operatori stessi in una visuale della Chiesa e del proprio servizio troppo ristretta.
Che cosa abbiamo imparato sul camminare insieme in questi due anni?
Ci si è resi conto che camminare insieme è molto difficile, perché dà la sensazione di perdere tempo. È necessario incrementare la coscienza dell’essere tutti insieme membra gli uni degli altri e di aver bisogno di ciascuno. Per questo è necessario metodo e impegno, rifuggendo dalla tentazione dell’improvvisazione e dalla fretta. È emersa la bellezza di imparare a progettare insieme. Il Cammino sinodale è stato una molla, ha innescato un movimento, un coinvolgimento, non ci sono ancora i frutti ma è stata avviata una progettualità; il percorso zonale merita di essere proseguito affinché il metodo e la progettualità iniziata non restino incompiuti.
L’esperienza sinodale è stata una forte provocazione, che rimane certamente non conclusa e ci ha costretti a fermarci e a prendere consapevolezza della nostra realtà, della nostra pastorale, dei rapporti tra le diverse componenti ecclesiali. Camminare insieme, nello stile sinodale, può rimanere uno slogan se non si mettono in atto strategie pastorali e se non ci si dota di strumenti concreti.
Occorre stimolare la partecipazione attiva di tutti alla vita della Chiesa, valorizzando sempre di più gli organismi di partecipazione ecclesiale, visti talora come una inutile perdita di tempo, spesso inesistenti o male intesi nelle parrocchie; essi possono e devono essere invece luoghi in cui confluiscono le esperienze di vita cristiana e in cui presbiteri e laici cercano insieme le vie da percorrere a beneficio delle comunità. In questo tempo, in cui il numero dei credenti diminuisce si manifesta come importantissimo il valore della collaborazione tra comunità, magari la costituzione, dove non è presente, della Commissione Pastorale Zonale.
Gli organismi di partecipazione ecclesiali, se bene intesi, possono essere occasioni di ascolto attento, sincero e franco di ogni componente del popolo santo di Dio, in modo da rivivere il sensus fidei e il discernimento comunitario. Questo processo, incoraggiato dal Sinodo, necessita di una costante e qualificata formazione.
Si segnala l’esperienza delle assemblee parrocchiali, scelte in alcune parrocchie come metodo pastorale, al fine di coinvolgere tutti, anche coloro che non hanno particolari responsabilità, affinché, – sollecitati dalla Parola ascoltata insieme – ognuno sia coinvolto nella discussione e nell’elaborazione di decisioni riguardanti il territorio o la vita comunitaria. Ci si è resi conto che questa modalità è un vero e proprio laboratorio di conoscenza reciproca, di discernimento comunitario, di partecipazione attiva alla vita della Chiesa e per questo, un passo importante e imprescindibile per “camminare insieme. Da tutte le zone pastorali è stato sottolineato che il percorso sinodale fin qui vissuto ha dato certamente un frutto buono, favorendo la comunione presbiterale attraverso una maggior conoscenza tra i presbiteri e lo scambio di idee ed esperienze. È auspicabile proseguire su questa strada coinvolgendo in questa comunione anche i fedeli laici.
La necessità di “aprirsi” ai giovani
L’assenza dei giovani nel cammino sinodale ci interroga sui nostri linguaggi, forse non adeguati, sul nostro modo di comunicare e di accogliere e pone problemi ai quali, nonostante vari tentativi, non riusciamo a trovare risposte.
Il percorso sinodale di questi due anni ci ha certamente aiutato a riscoprire la centralità della Parola nella vita della comunità. L’ascolto comunitario delle Parola e la conseguente interiorizzazione è sicuramente un’esperienza da riproporre, poiché ha rappresentato uno spazio di ascolto, di preghiera, di ricerca, che ha permesso a ciascuno di portare il proprio contributo, accogliendo il dono della Parola. Ha aiutato nel discernimento personale e comunitario e ha messo in moto energie che ci permettono di realizzare percorsi ed esperienze per la crescita nella fede.
Gli incontri sulla Parola (diocesani nel primo anno e zonali nel secondo) sono stati importanti anche perché ci hanno in qualche modo “rimessi insieme” dopo gli anni della Pandemia, in cui la distanza e la paura avevano generato maggiore chiusura e intaccato le relazioni. Il tema annuale, attinto dalla Sacra Scrittura, dovrebbe essere ora scelto dalle singole comunità (o anche dalle zone pastorali) in base alla propria storia, alle proprie esigenze ed al proprio cammino.