Cerca
Close this search box.

C’è sempre un’alternativa al male

Anche in questa prima Domenica d’Avvento Egli viene sulle nubi che si addensano sul nostro cammino con armi diverse da quelle degli imperi umani, «con grande potenza e gloria», come il Figlio dell’uomo annunciato dal profeta Daniele, segno delle promesse di Dio che si compiono. E in questo vangelo, costellato di eclatanti segni cosmici indicanti il dramma della creazione e della storia che si avviano verso il loro epilogo, Egli è il segno vittorioso del bene che alla fine dei tempi trionferà sul male. Luca parla di una «angoscia di popoli» terrorizzati dallo stravolgimento degli astri, del mare e della terra che, pur riferendosi al giorno del giudizio secondo il linguaggio apocalittico, ben si addice anche allo stato d’animo di questa nostra generazione: è la paura radicale, quella della morte, a celarsi dietro le «dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita», in cui anche oggi tanta gente si ripiega. Sono tutti stili di vita che ispessiscono le pareti del cuore, rendendolo impermeabile all’azione dell’amore. Dissipare un bene significa sprecarne la bellezza, e quanta intelligenza oggi è buttata via in cose banali o addirittura dannose! Davvero il miglior passatempo di un adolescente è scommettere sulle partite di calcio o pubblicare ‘storie’ su Instagram? Se poi questo diventa il principale interesse anche di un adulto, allora la questione è preoccupante! Se dissipare è sciupare un bene, non possiamo rischiare di sciupare il bene più grande, la figliolanza divina, che Gesù ci ha riconquistato sulla croce. Le ubriachezze sono i piaceri di cui ci nutriamo senza discernimento, senza cioè prima pensare se accrescono o diminuiscono il nostro bene. «L’ubriaco è colui che è preso da cose che riguardano solo se stesso, da quello che assume; si riempie lo stomaco ma svuota il cuore» (Fabio Rosini). Gli affanni sono rappresentati dalle cose che inseguiamo, e forse quello più inquietante è la brama del possesso: si investono le energie migliori in realtà penultime, che un giorno ci verranno tolte.
Il vangelo pone un’alternativa a tanto ripiegamento e lo fa con un’espressione tra le più belle che Gesù ci ha lasciato: «risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Solo chi considera la meta ultima della vita e non assolutizza il cammino su questa terra è capace di resistere alla sfida del tempo che passa senza soccombere alla paura della morte. Anzi, il trascorrere degli anni viene percepito come un approssimarsi progressivo della liberazione. Liberati da cosa? Dalla precarietà di questo mondo, a differenza di chi ne rimane invischiato per aver scelto un’impostazione di vita autocentrata. Per questi ultimi il giudizio di Dio è come un «laccio» che decreta il fallimento di un’esistenza gretta, mentre, per chi sa vegliare, tale giudizio si attua ogni giorno come esperienza di salvezza che il credente riceve in abbondanza dalle mani del Padre e come capacità di lettura lucida e pacificata della propria vita. Il modo migliore per cogliere il senso degli eventi che accadono, i quali inevitabilmente rimangono oscuri se non si è svegli e attenti nell’elaborarli, è la preghiera, un dialogo vivo e ininterrotto con Dio. Caino uccide il fratello non perché prova gelosia e rabbia, sentimenti che tutti noi viviamo, ma perché interrompe il dialogo col Creatore che lo interroga sul suo stato interiore. Da un lato la preghiera fa resistere al male, cosa alle volte meritoria quanto e più di un’azione buona compiuta, dall’altro ci fa stare alla presenza del Signore della storia universale, in cui confluisce la nostra storia, che da piccola diventa grande perché inserita nella storia della salvezza.
Siamo invitati a vivere l’Avvento con questa grande trepidazione nel cuore, come una madre che attende la nascita del suo bambino, una tensione che dilata il cuore e non lo restringe e, dunque, ci permette di rimanere in Lui, nella preghiera e nella contemplazione di ogni più piccolo segno che richiama e fa sentire la sua presenza. Vivere così libera da tutto ciò che appesantisce il cuore e ci fa assaporare fin da ora l’eternità.