Cerca
Close this search box.

Ascensione. Solo il Signore ci salva

Quaranta giorni dopo Pasqua, un altro evento altrettanto eccezionale, la sua Ascensione. Gesù ritorna la Padre, sale lì dove era prima, per sedere alla destra dell’Onnipotente, per prendere cioè, definitivamente e per sempre, il suo posto nella gloria. Ma come ogni leader di una qualsiasi realtà o, se vogliamo, come un papà che lascia la sua famiglia, anche Gesù lascia le sue ultime volontà, gli ultimi desiderata per i diletti figli. Un discorso che comunque non sa di saluto funebre, ma di grido di speranza, un invito a partire, a ricominciare tutto da capo. Ecco perché l’Ascensione è stata definita la storia di due partenze, la partenza di Gesù dalla terra verso il cielo, la partenza dei discepoli da Gerusalemme verso gli estremi confini del mondo.
Guardiamo la prima realtà. Cristo se ne va, si allontana, ma solo dai nostri sguardi, non dalla nostra vita; penetra le nubi del cielo, ma penetra anche il nostro cuore. Siede alla destra del Padre nella gloria, ma resta vicino accanto ad ogni uomo che crede e si fida di Lui. Due realtà apparentemente in contraddizione ma che in Cristo trovano la piena e possibile integrazione Dal questo primo aspetto impariamo che non basta essere fisicamente presenti per essere veramente vicini, ma che possiamo raggiungere tutti e ogni posto solo se ci facciamo spingere dall’amore vero, se ci sappiamo muovere con la forza del cuore.
Il secondo aspetto è il segno di una comunità, ancora non pienamente forte, non adeguatamente preparata, non audacemente scattante, ma che nonostante difficoltà e incertezze è chiamata ad andare, ad uscire, ad essere la vera Chiesa di Cristo, che in seguito impareremo a credere e professare una, santa, cattolica e apostolica. È così che la oggi tanto famosa “Chiesa in uscita” risulta non più un’invenzione pastorale di papa Francesco, una sua bella innovativa trovata, ma la fondamentale volontà del Signore, l’essenziale intuizione di Cristo: “Andate in tutto il mondo”. Un Cristo alquanto sprovveduto, ingenuo, per qualcuno addirittura incosciente. Ma li hai visti i tuoi discepoli? Gente di poca fede, uomini senza arte né parte, persone imbranate, maldestre, quasi ridicole. E tu affidi loro una missione così grande per contenuto (il Vangelo) e per estensione (il mondo intero)? Almeno li mandavi vicino, nei pressi di casa, per parlare la stessa lingua, per capire meglio gli umori della gente loro familiare. Niente, li mandi e basta! Oggi sappiamo perché Gesù lo ha fatto e continua a farlo: affinché nessuno, ieri come oggi, possa pensare che la riuscita della missione dipenda dalle proprie capacità, dalle nostre strategie e programmi pastorali, ma esclusivamente dalla fede in Lui.
“Nel mio nome”. Quanta potenza in questa espressione! Nel mio nome significa con la mia forza e potenza, e giammai con la competenza e forza dei mezzi umani. Ed è così che gli apostoli partono più confusi che persuasi, ma anche più forti e sicuri perché sanno che il Signore non li avrebbe mai abbondonanti al loro destino, ma accompagnati, protetti e incoraggiati nelle avversità della loro missione. “Il Signore agiva insieme con loro”, letteralmente sarebbe “il Signore era in sinergia con loro”. Che meraviglia sapere che Gesù è sinergia, è forza cioè che agisce con te. Tu e Lui una sola energia. A noi, sempre più convinti di essere i protagonisti dell’evangelizzazione, il Vangelo di oggi ricorda che invece è Cristo ad agire, per cui noi siamo soltanto strumenti nelle sue mani per la diffusione del suo amore. Ed è per questo l’annuncio è accompagnato da prodigiosi, guarigioni ed eventi eccezionali: non per il gusto di apparire vincenti agli occhi degli astanti, ma per dire che il Vangelo è fonte di ogni bene, per dire che dove c’è Dio non c’è posto per il male, ma fioriscono la serenità e la pace che tutti ardentemente desideriamo.