Il primo pensiero allora va al mistero dell’incarnazione di Gesù, al fatto cioè che, come professiamo nel credo domenicale, “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”, ossia si è fatto uomo in tutto uguale a noi, eccetto il peccato. È il momento adesso di ritornare al Padre, come Egli stesso aveva preannunziano: “Vado al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Nello stesso tempo è bello leggere alla luce del mistero di Cristo anche la parabola della nostra esistenza umana e comprendere che anche noi siamo venuti dal Padre al Padre dobbiamo ritornare. Comprendiamo così ancora meglio perché Gesù dice: “Io vado a prepararvi un posto, quando sarà andato e vi avrò preparato un posto tornerò e vi porterò con me, perché dove sono io siate anche voi”, e ci ricordiamo così che anche l’uomo come Gesù non è venuto per restare eternamente quaggiù, ma per dirigersi costantemente verso la patria celeste. È il pensiero della vita eterna, che anche noi cristiani spesso dimentichiamo, considerandola evidentemente poco rilevante, quando è da qui che possiamo dare un vero senso alla nostra esistenza terrena.
Per questo il Vangelo di oggi stranamente non ci parla di cielo né di paradiso, ma di terra, di impegno, di missione. Ci dice cioè che la vera strada non è quella di contemplare la vita eterna alienandoci dalle cose terrene, ma prepararci al nostro futuro nel cielo, accogliendo l’invito di Gesù di andare e fare discepoli tutti i popoli. Questo discepolato universale passa attraverso il battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e nell’insegnamento di tutto ciò che Egli ci ha comandato. Per i discepoli di ieri e di oggi “i contenuti della missione sono questi: annunciare, battezzare, insegnare e camminare sulla via tracciata dal maestro, cioè il Vangelo vivo” (Papa Francesco). Certo, secondo la mentalità moderna potrebbe sembrare riduttiva se non insignificante la richiesta di Gesù rispetto a tante altre necessità e urgenze della vita terrena contemporanea. A tale obiezione possiamo rispondere tranquillamente precisando che nel suo insegnamento Gesù non disgiunge mai la dimensione spirituale da quella umana, non propone mai la ricerca delle cose del cielo senza un impegno concreto di prossimità ai fratelli, senza la convinzione di poter salvare la propria vita solo nella misura in cui ci sta a cuore la salvezza dei fratelli.
Il Vangelo si apre con un’annotazione sugli apostoli che a primo acchito dice un loro atteggiamento ambiguo e contraddittorio: “In quel tempo i discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro si prostrarono. Essi però dubitarono”. Alla sua vista lo adorano e nello stesso tempo dubitano. Lo riconosco il Signore e per questo lo adorano prostrandosi ai suoi piedi, eppure non riescono a togliersi di dosso quel senso di diffidenza e sospetta che sempre serpeggia nel cuore dei credenti. Come è possibile avere fede da una parte ed esitare dall’altra? “Nessuno può sfuggire completamente al dubbio, ma nemmeno alla fede (Joseph Ratzinger).
Le due realtà non sono contraddittorie perché se da una parte l’uomo è portato a dubitare per il forte bisogno di vedere, di toccare anche l’invisibile, dall’altra è un’illusione vivere questa vita presente senza credere, ossia senza fidarsi e affidarsi a qualcuno più grande di noi, che ci ama e si prende cura di ciascuno. Non a caso il vangelo di oggi si conclude con una delle promesse più belle che Gesù poteva farci: “Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. Ancora una volta l’inizio e la fine del messaggio cristiano coincidono. Alla nascita di Cristo ci viene presentata la sua vera identità e viene rivelato il significato del suo nome: “Emmanuele, che significa Dio con noi”; nello stesso modo Egli stesso si congeda dai suoi confermando il suo costante desiderio di essere con noi, ma anche la promessa di restare con noi per sempre. Chiediamogli di crescere ogni giorno di più in questa fede, per godere costantemente della sua presenza d’amore in questa vita e in quella che ci attende e che non avrà mai fine.