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Arcivescovo emerito Giuseppe Fiorini Morosini

Ritratto Morosini

S.E. Mons. Giuseppe Fiorini Morosini

è nato a Paola il 27 novembre 1945. Nel 1955 è entrato nella Scuola Apostolica dei PP. Minimi del Santuario di Paola per gli studi ginnasiali e liceali. Nel 1961 ha emesso i voti temporanei nell’Ordine dei Minimi e l’8 dicembre 1966 quelli solenni.
È stato ordinato sacerdote il 2 agosto 1969. Ha seguito i corsi di filosofia e di teologia presso la Pontificia Università Lateranense, laureandosi in teologia nel 1970. Nel 1975 ha ottenuto il dottorato in filosofia all’Università di Messina. Ha svolto i seguenti incarichi: Docente della Scuola Apostolica di Paola (1972-1974); Vice-Parroco a Lamezia Terme (1974-1986) e Docente di Storia e Filosofia nei licei statali (1976-1995); Conferenziere e predicatore di corsi di Esercizi Spirituali e Correttore della Comunità dei Minimi di Lamezia Terme-Sembiase (1980-1986).
È stato Direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano di Lamezia Terme (1984-1986) e Direttore del Terz’Ordine dei Minimi (1983-1992); Correttore (Superiore) Provinciale a Paola (1986-1992); Correttore e Maestro dei novizi della nuova comunità dei Minimi di Vranov, nella Repubblica Ceca, (1992-1994); Correttore (Superiore) Generale dei Minimi per due mandati (1994-2006). È autore di numerose pubblicazioni riguardanti la figura di S. Francesco di Paola e la spiritualità dell’Ordine dei Minimi.
Il 20 marzo 2008 è stato nominato Vescovo di Locri-Gerace, succedendo a mons. Giancarlo Maria Bregantini. Ha ricevuto la consacrazione episcopale a Paola il 9 maggio 2008 dal cardinale Renato Raffaele Martino. Il 7 giugno 2008 ha fatto il suo ingresso nella diocesi di Locri-Gerace.
Attualmente è membro della Commissione Cei per l’Evangelizzazione dei popoli e la Cooperazione tra le Chiese; è Presidente delle Commissioni della Conferenza Episcopale Calabra per la Pastorale Giovanile e per l’Evangelizzazione dei popoli e la Cooperazione tra le Chiese.
Il 13 luglio 2013 è stato nominato Arcivescovo Metropolita di Reggio Calabria – Bova da Papa Francesco. Ha iniziato il ministero episcopale nella città dello stretto il 9 settembre 2013. Il 20 marzo 2021 il Santo Padre Francesco ha accettato le dimissioni presentate dall’arcivescovo Morosini per raggiunti limiti di età ed ha nominato l’arcivescovo Fortunato Morrone quale suo successore. Contestualmente l’arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini è stato nominato amministratore apostolico della arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova fino alla presa di possesso canonico del suo successore, avvenuta sabato 12 giugno 2021.

 


 

DOCUMENTI

Da questo link è possibile scaricare l’archivio dei documenti più importanti elaborati dall’arcivescovo durante il suo episcopato a Reggio Calabria – Bova.

 


 

STEMMA E MOTTO

stemma morosini sito
Lo stemma episcopale di S. E. Rev.ma Mons. Giuseppe Fiorini Morosini è stato concepito coniugando assieme il motto con la rappresentazione degli elementi che costituiscono lo stemma stesso.

Il motto, “In fide vivo Filii Dei”, è preso da Gal 2,20: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me». La scelta di questa frase è motivata da due considerazioni:
– l’amore del Figlio Dio si è manifestato nel dono totale di se stesso fino al sacrificio della Croce;
– la fede dell’uomo in questo amore genera fiducia e rende possibile per lui la sequela fedele di Cristo, a costo di qualunque sacrificio.

Gli elementi figurativi dello stemma
Il “Charitas” su sfondo rosso e le mani con il fuoco su sfondo oro, fanno riferimento alla vita di S. Francesco di Paola e alla spiritualità dell’Ordine dei Minimi.
Il “Charitas” è lo stemma dei Minimi e ricorda altresì l’abitudine di S. Francesco di ripetere nel suo parlare l’espressione “per carità”. Dio è amore e verso di lui deve tendere l’agire dell’uomo, che da questo amore riceve luce, che l’orienta e lo guida verso il bene. Per questo il “Charitas” è inciso su di un sole, come risulta dall’antica iconografia dell’Ordine. Lo sfondo rosso è espressione dell’amore.
Le mani che sorreggono il fuoco sono quelle di S. Francesco, che, per convincere la Chiesa e i suoi frati della possibilità di vivere la sua proposta spirituale, per ben due volte nel corso della sua vita prese il fuoco tra le mani, dicendo con forza: “Come io posso tenere in mano questo fuoco senza bruciarmi, così è possibile vivere la mia proposta di vita, se si ama Dio”. Lo sfondo oro richiama appunto la preziosità del dono della fede.
Gli elementi della dignità arcivescovile: il cappello prelatizio verde a dieci fiocchi (galero) e la croce doppia (detta anche patriarcale)

La croce patriarcale L’ornamento esterno caratterizzante lo stemma di un Arcivescovo, oltre ai venti fiocchi verdi pendenti ai due lati dello scudo, è la croce astile arcivescovile.
Tale croce a due bracci traversi è detta anche “patriarcale” perchè, nel XV secolo, fu adottata dai Patriarchi e, poco dopo, dagli Arcivescovi. Alcuni studiosi ritengono che il primo braccio traverso (quello più corto) volesse richiamare il cartello con l’iscrizione “INRI”, posto sulla croce al momento della Crocifissione di Gesù.
Il pallio “La lana d’agnello intende rappresentare la pecorella perduta o anche quella malata e quella debole, che il pastore mette sulle sue spalle e conduce alle acque della vita.” (Papa Benedetto XVI, Omelia della Messa di inizio del ministero petrino, 24 aprile 2005).
Il Pallio (dal latino pallium, “mantello di lana”) è un paramento liturgico usato dal Papa. È simbolo del Vescovo come buon pastore e, insieme, dell’Agnello crocifisso per la salvezza degli uomini. Rappresenta l’agnello portato sulle spalle, come simbolo del ufficio del Vescovo, chiamato a essere buon pastore.
Il Papa lo concede agli Arcivescovi Metropoliti, ai Primati e al Patriarca Latino di Gerusalemme. Esso è quindi il simbolo non solo della giurisdizione papale, ma anche il segno esplicito e fraterno della condivisione di questa giurisdizione con gli Arcivescovi Metropoliti, e, mediante questi, con i Vescovi loro suffraganei. Esso quindi è segno visibile della collegialità e della sussidiarietà nell’esercizio del governo della Chiesa.