{module AddThis}E se per un attimo eliminiamo tale origine pensando che l’amore è dell’uomo, possiamo chiederci se sia solo una forza che chiede di uscire da noi stessi e orientarsi verso l’altro, oppure questo volgersi verso, debba essere qualificato da “ciò che fa vivere l’altro” in senso assoluto. Anche nello stesso cristianesimo il termine viene usato non solo per indicare la giusta relazione tra gli uomini ma anche e soprattutto l’unione tra Dio e l’umanità. Nel ricercare l’interpretazione di quello che Gesù ha detto e ha fatto, molte esperienze sono state sintetizzate diventando slogan che spesso vengono citati anche dai non cristiani. Chi non sente familiari espressioni come “La misura dell’amore è amare senza misura”, “L’amore basta a sé stesso”, “Alla fine della vita saremo giudicati sull’amore”? La possibilità di non cadere in questa tentazione ci viene data dal Vangelo, parola viva, e in modo particolare dal comandamento dell’amore che viene riportato, in modo diverso, sia nel vangelo di Giovanni (15,12), sia nei sinottici (Mt 22,34–40; Mc 12, 28–34; Lc 10,25–28). In entrambi i casi in comune non c’è solo il termine “amore”, ma anche il contenuto e il percorso che questo comandamento propone. Per capire bene tale percorso, è necessario mettere vicini il “come” di Giovanni con il “simile” dei vangeli sinottici e capire come questi, nel loro contesto, diventino la chiave di lettura. Quando Gesù nel suo discorso finale dice ai suoi discepoli «Amatevi come io vi ho amato», non rimane nel vago ma rimanda alla vita concreta, a tutto ciò che ha fatto e, soprattutto, a quello che sta per fare. Il lettore moderno, invece, pensa che l’amore nasca dalla libertà come un atto spontaneo del cuore che spesso lo porta a dire “Al cuor non si comanda”. Al tempo di Gesù i problemi erano di natura diversa e l’amore verso il prossimo risultava difficile. Il timore di essere punito o di perdere la benevolenza del Signore aveva portato la riflessione di Israele a considerare lo straniero, l’orfano, la vedova e il povero come categorie protette, poiché essi, non avendo niente da contraccambiare, potevano rivolgersi solo a Dio che diventava la loro protezione e il loro soccorso. In questa prospettiva, quindi, l’amore verso il prossimo scaturisce indirettamente dalla misericordia di Dio. Sembra che il comandamento verso Dio abbia la priorità e che l’amore verso il prossimo sia, nello stesso tempo, la conseguenza e la prova che non lascia sospeso l’amore verso Dio ma lo concretizza e lo rende visibile. Il lettore, a questo punto, può chiedersi cosa intenda il dottore della legge quando chiede a Gesù: «Maestro qual è il grande comandamento della legge?». La risposta di Gesù è particolare e merita tutta la nostra attenzione. Egli cita il libro del Deuteronomio e quello del Levitico, ma si premura di precisare che «Questo è il più grande e primo comandamento» e che «Il secondo è simile al primo». Alla pretesa grandezza del dottore, Gesù accosta una distinzione tra primo e secondo, che è compensata dal termine “simile”, che, nell’atto della creazione dell’uomo, esplicita l’alleanza e la vocazione dell’umanità, ovvero l’opportunità di diventare come Dio. Questo patto viene messo in discussione quando l’uomo cade nel peccato, ma viene ripreso in modo sublime quando Dio, vedendo che l’uomo non riusciva a diventare simile a lui, rese suo Figlio simile a noi. Lo stesso vangelo di Matteo sottolinea in modo sottile la stessa azione salvifica quando ci ricorda: «Il regno dei cieli è stato reso simile a» (Mt 13,24). Questa indicazione ci dice che, sì, l’amore è un comandamento, ma che è anche un luogo, la persona di Gesù Cristo, in lui l’amore verso Dio e verso il prossimo trovano la loro casa e la possibilità di espressione. È lui, infatti, che può e sa amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, ed è lui che, incarnandosi e morendo sulla croce, ha reso possibile (simile) l’amore verso gli uomini. Questa lettura viene confermata dalla sentenza finale in cui Gesù dice: «In questi due comandamenti è stata appesa la legge e i profeti». Da tutto questo possiamo dire che anche i vangeli sinottici quando parlano del comandamento dell’amore ci rimandano ad un esempio concreto. Gesù che muore appeso sulla croce è il più grande, il primo e il secondo comandamento che indicano somiglianza, come quei due bracci della croce che congiungono il cielo alla terra.