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Non siamo mai abbastanza preparati alla morte, ma ancor di più non siamo preparati alla vita nuova che solo Dio sa regalarci. Ecco la sfida della Pasqua: come mi pongo davanti alla vita nuova che il Signore mi offre? Sono in grado di comprenderla e accoglierla? Se osserviamo l’esperienza delle donne, ci accorgiamo anzitutto che tale vita è annunciata da un «angelo sceso dal cielo»: la novità viene dall’alto, da fuori di te, non sei tu a dartela. Ci sono dei momenti in cui sorge in noi una intuizione, un desiderio di bene, una gioia inaspettata dopo una fase di buio: ecco, è il segno che la luce del Risorto ci ha raggiunto e d’ora in poi sarà essa a rendere possibile e lieto il cammino, se decideremo di mantenerla viva e invocarla ancora. La vita nuova tocca e rimuove la pietra sepolcrale, perché la nostra morte interiore, di cui il masso è segno, non va dimenticata o evitata, ma affrontata come Dio fa, ossia con il coraggio di prenderla in mano e poi farla scivolare nell’abisso della misericordia. ‘Prendi in mano la situazione’, ‘fatti scivolare ogni brutto pensiero’, ci dice chi ci vuole bene quando siamo affannati; a Pasqua scopriamo che il desiderio di uscire dai nostri sepolcri trova nella storia accaduta quel mattino il fondamento stabile, perché la fede poggia sul realismo degli eventi pasquali che si rinnovano spiritualmente in noi. L’immagine dell’angelo seduto sulla pietra è l’emblema della vittoria sulla morte; «il suo aspetto come folgore e il vestito bianco come neve» sono l’irradiazione della gloria divina sulla fragile realtà umana. Ecco perché «per lo spavento, le guardie rimasero come morte»; fa paura troppa luce quando sei nel buio, troppo amore quando ti percepisci incapace di amare. La risurrezione è l’esperienza di un amore eccedente, che potrebbe addirittura intimorirti e indurti a scappare, a rifiutarlo, come il Pietro della prima ora: allontanati da me, sono un peccatore! Ma l’Amore non vuole umiliarti, farti sentire la distanza incolmabile tra ciò che sei e ciò che dovresti essere; al contrario, esso ti fa ascoltare la sua voce, ti istruisce e ti invita a fare un cammino: «Non abbiate paura, venite, guardate, andate». Abbiamo un solo modo per percepire la voce di questo amore, l’ascolto della Parola di Dio presente nella Scrittura e nei fatti di vangelo che scorgiamo intorno a noi. Bisogna però guardare dentro la tomba per comprendere che Dio ha trasformato il luogo del silenzio assoluto nel canto della vita nuova; bisogna guardare bene la paura e la povertà in cui l’emergenza del Coronavirus ha ricacciato tanta gente per vedere lo sbocciare di gesti di prossimità e condivisione. Ho visto gare di solidarietà in questi giorni, lavoratori che hanno offerto l’intero stipendio per i bisognosi: questa è Risurrezione, vittoria sulla morte! La vita ricomincia dalla Galilea, dove tutto ebbe inizio, dalla nostra quotidianità adesso abitata dal Risorto; il compito di chi riceve l’annuncio di una vita che si rinnova è soprattutto quello di coinvolgere altri in questa lieta notizia. Nel tempo della pandemia tutti abbiamo ricevuto e diffuso bollettini di guerra, numeri crescenti di morti e feriti, insieme a parole e immagini di speranza; a Pasqua la speranza ha finalmente un volto! Gesù in persona appare alle donne proprio nel momento in cui esse «corsero a dare l’annuncio». Fidati, segui la strada che l’Amore ti ha tracciato, anche se l’Amore non ha subito un volto…e vedrai l’Amore! L’incontro col Risorto è all’insegna della gioia, il saluto di Gesù è lo stesso dell’Annunciazione, la risposta delle donne si esprime con l’abbracciare i piedi e adorarlo. Se adorare significa ‘portare alla bocca’, tale gesto evoca il bacio: l’uomo, a cui Cristo aveva lavato i piedi, sta ripetendo il medesimo rituale d’amore. Chi vuole essere discepolo del Risorto si pone al suo servizio, che consiste nel dare l’annuncio pasquale. La Pasqua si vive in Galilea, sulle strade polverose della ferialità, d’ora in poi percorse dal Vivente!