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Il cuore di Archi batte per i fragili, don Antonio Ielo: «Comunità unita nell’amore»

 

La parrocchia di San Giovanni al centro del quartiere a nord di Reggio Calabria, da sempre punto di riferimento per quanti necessitano di aiuto e ascolto. «I gesti, insieme alle parole, possono davvero fare la differenza», afferma don Antonio Ielo che spiega, anche, il valore di «essere uniti nel dono».

Gesti e parole, ad Archi batte il cuore della comunità di San Giovanni Battista

Nel cuore di Archi, a Reggio Calabria, don Antonio, pastore della parrocchia di San Giovanni Battista, si impegna per sostenere giovani e famiglie alle prese con difficoltà legate alla disoccupazione e alla solitudine. In questa intervista racconta il valore dell’ascolto e la forza della comunità nel prendersi cura di chi è più fragile.

Don Antonio, nella sua esperienza ad Archi, quali sono i bisogni più urgenti che riscontra in questo territorio?

Molto spesso chi si avvicina alla parrocchia e alla comunità vive le problematiche comuni di qualunque parte della città: c’è una forte preoccupazione per le famiglie che affrontano disoccupazione, problemi di salute e crisi familiari.



C’è inoltre grande inquietudine per il mondo giovanile, spesso assente, con molti che partono per trovare lavoro o proseguire gli studi. Sicuramente una cosa che attraversa tutti è forse il peso del pregiudizio legato all’appartenenza a questo territorio, sia per il passato burrascoso del quartiere sia per l’abbandono che vive attualmente.

La parrocchia di San Giovanni Battista svolge un ruolo importante nel portare speranza ai “dimenticati”. C’è qualche iniziativa particolare che vuole condividere?

Un momento significativo è stato il pranzo organizzato durante i festeggiamenti per San Giovanni. Insieme alle sorelle alcantarine abbiamo vissuto questo momento di condivisione tra parrocchiani e amici della Caritas, pranzando insieme proprio dentro l’aula liturgica, che per qualche ora è diventata una mensa di fraternità.


PER APPROFONDIRE: Sacerdoti, una porta aperta alla speranza: don Giacomo si racconta


Da un lato è stato bello vedere il sorriso di chi si è sentito accolto e non messo da parte, senza dover pranzare da solo a casa o su qualche marciapiede. Dall’altro è stato molto edificante anche per la parrocchia, che ha abbandonato tanti pregiudizi scegliendo di stare accanto a chi spesso qualcuno accanto non ce l’ha.

Il suo impegno come sacerdote la porta a confrontarsi con situazioni di solitudine e difficoltà. Qual è, secondo lei, il valore di un sostegno continuativo?

Poter stare vicino alla gente e far sentire una presenza costante aiuta sicuramente a non sentirsi soli, ma, dall’altro lato, cosa più importante, accende nel cuore quella speranza che spesso dà la forza per andare avanti. Sono tante le solitudini che ogni giorno capita di toccare: quella degli anziani, quella dei senzatetto, quella degli ammalati. Ognuna di loro ha bisogno di tanta cura e accoglienza.

Don Antonio Ielo (al centro) durante la peregrinatio delle reliquie di San Gaetano Catanoso nella parrocchia di San Giovanni Battista in Archi

Essere “uniti nel dono” è un messaggio che passa anche attraverso la comunità. Come percepisce la partecipazione dei fedeli ad Archi nel supportare il lavoro della parrocchia e i progetti rivolti ai più deboli?

La presenza delle suore alcantarine e del centro d’ascolto nel nostro territorio parrocchiale ha sempre reso molto sensibili i cuori dei nostri parrocchiani. In questi settori, però, c’è sempre un grande margine di miglioramento per poter essere più vicini alle necessità dei nostri fratelli bisognosi. Ogni giorno ci si può sperimentare in qualcosa di nuovo e far passare attraverso le nostre mani la carità e la misericordia di Cristo.

Quanto conta, nella sua esperienza, l’ascolto personale rispetto ad altre forme di aiuto?

L’ascolto è sicuramente il primo e il più grande degli aiuti che si può dare a ciascuno. È il primo perché quando qualcuno viene a confrontarsi o si affaccia alla porta della mia sacrestia ha sempre un messaggio da comunicare che deve essere capito e accolto; allo stesso tempo credo che sia il più grande aiuto che puoi dare perché non tutti vengono per un bisogno materiale. Allora, ascoltare i bisogni che ci sono dietro una qualunque richiesta restituisce tanta dignità e forza a chi magari si sente soltanto spaventato e non sa dove trovare conforto.

Nella sua missione pastorale ad Archi, c’è un esempio di come un piccolo gesto della comunità abbia fatto la differenza per qualcuno? Cosa potrebbe fare ciascun membro della comunità per sostenere chi è più fragile?

Sono davvero tante le piccole occasioni e i piccoli gesti di carità e vicinanza che ogni giorno aiutano i membri più fragili del nostro quartiere. Al di là di ciò che viene fatto, credo che la cosa più bella sia vedere lo stupore negli occhi di chi si sente pensato e custodito dall’amore di qualcun altro che nemmeno sa chi sei e con un semplice “come ti chiami” entra a far parte della tua vita. Credo che questi siano piccoli miracoli quotidiani.

Con le suore alcantarine un “legame” di speranza

La parrocchia di San Giovanni e le suore alcantarine operano, da anni, fianco a fianco nel quartiere di Archi, offrendo sostegno e speranza a chi vive ai margini. A pochi passi dalla chiesa, le suore gestiscono il Centro d’Ascolto “Mons. Italo Calabrò”, un punto di riferimento per chi cerca non solo un pasto caldo o un altro tipo di aiuto materiale, ma anche conforto e sorrisi.

Ogni giorno, il Centro apre le sue porte agli ultimi, con il coinvolgimento attivo della parrocchia. «Da sempre le suore alcantarine sono una grande forza per la nostra parrocchia e per tutto il territorio di Archi. In loro si manifesta concretamente la forza della carità, che non conosce differenza, e di quella donazione totale che ogni giorno puoi fare con la tua vita», spiega don Antonio.

«Uniti nel dono»: come sostenere l’opera preziosa di don Antonio Ielo e degli altri sacerdoti delle nostre comunità

Nonostante il loro contributo economico ridotto, le offerte mantengono un forte valore simbolico e pastorale. Ogni donazione, anche la più piccola, è un riconoscimento del bene che i sacerdoti fanno ogni giorno e un segno della responsabilità dei fedeli verso di loro.



Sovvenire alle necessità della Chiesa, spiega Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, «rimane un dovere di chi si professa cristiano e donare è semplice e sicuro, e si può fare anche direttamente dal sito, con pochi clic. La firma per l’8xmille è indispensabile ma tutti possiamo, e dobbiamo, fare un passo di più».

«È il gesto che conta, non l’importo. Per questo invito tutti a visitare il sito Unitineldono.it e a fare la propria piccola ma indispensabile parte», spiega ancora Monzio Compagnoni. Diverse le modalità proposte per contribuire a sostenere l’opera e la missione dei sacerdoti diocesani come don Giacomo D’Anna e di tutti coloro impegnati nelle altre comunità.

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