Il 14 agosto il Papa lo ha nominato vescovo della diocesi di Ambatondrazaka (Madagascar). Monsignor Orthasie Marcellin Herivonjilalaina (per tutti don Lalaina) è fortemente legato alla diocesi di Reggio Calabria – Bova, dove si è formato presso il Seminario arcivescovile Pio XI e ha iniziato il suo mistero pastorale come viceparroco a Campo Calabro. Un legame che è emerso anche nell’intervista esclusiva che ha rilasciato ad Avvenire di Calabria, sul numero in edicola domenica scorsa con il quotidiano della Cei Avvenire.
Come ha accolto la notizia della sua nomina a vescovo di Ambatondrazaka?
Ho accolto la nomina a vescovo con grande sorpresa, poiché prima di tutto non avevo ancora l’età. Sì, il diritto canonico prevede che un sacerdote può essere nominato vescovo a 35 anni, dopo 5 anni di messa, ma da alcuni anni nel continente africano, quindi nel Madagascar, si è stabilito che si nominano i vescovi attorno ai 50 anni, quindi io ero ancora tranquillo perché compirò soltanto 45 anni a settembre.
Poi, di solito, si sceglie un prete di un’altra diocesi per guidare una Chiesa locale, non un prete della stessa diocesi. E per quanto riguarda la nomina del vescovo della nostra diocesi, non pensavo che io potessi essere un candidato, ero tranquillo. Si dice anche, Gesù stesso le ripeteva, che nessun profeta è ben accetto nella sua patria. Quindi per me sarà una sfida essere vescovo della mia diocesi. Il vantaggio comunque è quello di conoscere già la realtà diocesana, conosci i preti, i distretti e le parrocchie. Non avrò difficoltà da questo punto di vista e potrò dare i miei contributi come pastore di questo gregge.
Quali sono stati i suoi primi pensieri?
I miei pensieri sono stati caratterizzati da una parte dalla gioia, dall’entusiasmo, dall’altra parte dalla paura e dalle preoccupazioni. Ho provato gioia nel dire il mio eccomi alla volontà di Dio e alla proposta del Papa, gioia nel dare continuità al mio sì, quel sì che ho già detto nel diaconato e poi nel presbiterato alcuni anni fa. Ho avvertito paura per la mia giovane età, per la mia inadeguatezza. Mi mancano delle esperienze pastorali. Infatti, sono stato sempre viceparroco in questi 18 anni e mezzo di sacerdozio: a Campo Calabro, a Reggio, a Manakambahiny in Madagascar, a Montevarchi, a Matassino, a Montanino in Toscana, in Valdarno, ed ero studente nello stesso tempo. Un’altra preoccupazione… quella del Seminario di cui sono stato rettore…chi continuerà il mio ruolo? Ho già preparato questa estate i programmi dell’anno di formativo 2024/25, ma adesso noi vescovi dobbiamo cercare un nuovo rettore.
Lei opera in un contesto profondamente missionario, dove c’è una Chiesa giovane…
La Chiesa Cattolica malgascia è ancora molto giovane rispetto alla Chiesa italiana, ma si tratta di una realtà molto dinamica e vivace, è stata evangelizzata dai padri spiritani in primo luogo e poi in secondo luogo dai padri trinitari. I primi due vescovi di Ambatondrazaka sono stati due italiani: Monsignor Francesco Vollaro, un napoletano, e Monsignor Antonio Scopeliti, un calabrese deceduto l’anno scorso a Reggio. C’erano anche tanti altri missionari trinitari, ma sono quasi tutti morti già in paradiso. È anche vero che sono i religiosi africani ad evangelizzare l’Europa: la diocesi di Antsirabe, per esempio, manda alcuni preti a fare esperienza missionaria come fidei donum in Europa.
Quali sono i carismi più importanti della comunità di Ambatondrazaka?
Prima di tutto ci sono le associazioni dei bambini e dei giovani, nelle parrocchie, nelle piccole chiese, nei villaggi. Si chiama Fet, Associazione eucaristica dei giovani, di cui anche io facevo parte da bambino. La mia vocazione al sacerdozio è nata lì, in questa associazione. C’è anche l’associazione dei bambini maschi, che raggruppa soprattutto i bimbi a cui piace fare il chierichetto. Poi ci sono gli Scout, le associazioni mariane, le figlie di Maria, l’equipe del Rosario “Maria per le donne”. Ci sono anche dei nuovi carismi come le Garde d’honneur, che hanno una devozione particolare al Sacro Cuore di Gesù, e i carismatici che pregano per la guarigione delle persone. Ci sono tanti altri carismi che magari debbono essere ancora scoperti nella diocesi di Ambatondrazaka.
Lei come si prepara a servire la sua gente?
Penso che la preparazione riguarda tutta la mia vita vissuta finora a partire della mia esperienza in famiglia. Noi siamo sette figli ed io sono il primogenito, quindi ho fatto esperienze di servizio in famiglia. Da fratello più grande io ho accudito tutti i miei fratelli e sorelle più piccoli. Allo stesso modo è stata importante la mia esperienza di formazione nei Seminari, il minore, poi il propedeutico, quindi il filosofico e il teologico. Infine, anche il servizio pastorale svolto da prete è stato una preparazione. Sono stato educatore, formatore, professore in seminario per nove anni. Mi sono consacrato totalmente alla formazione dei futuri preti. Ho lavorato con loro, quindi ora da vescovo non dovrei fare altro che continuare questo servizio di formazione di educazione per la mia gente: bambini, ragazzi, giovani, adulti e anziani.
Cosa chiede ai suoi sacerdoti e a tutti gli operatori pastorali della sua diocesi?
Prima di tutto chiedo che loro hanno abbiano a cuore la formazione e l’educazione evangelica e cristiana di tutto il popolo di Dio. Nella mia tesi dottorale in teologia ho trattato il tema della sinodalità e della Chiesa sinodale, quindi chiedo loro di avere lo spirito sinodale, comunionale in tutti i ministeri pastorali. Chiedo di camminare insieme con me, ed io certamente sono pronto anche a camminare insieme con loro: viviamo insieme il tema del sinodo, “Per una chiesa sinodale: comunione, missione e partecipazione”. Infine, chiedo che questi sacerdoti e operatori pastorali abbiano anche a cuore l’obiettivo di tutto ciò che facciamo: la gloria di Dio e la salvezza del mondo, degli uomini e delle donne.
Lei arrivò a Reggio grazie a monsignor Antonio Scopelliti, gallicese e vescovo di Ambatondrazaka. Oggi è suo successore…in che modo l’arcivescovo Scopelliti ha segnato il suo percorso di vita?
Sì, è grazie a monsignor Antonio Scopelliti che siamo venuti nella diocesi di Reggio Calabria per la formazione al sacerdozio, per l’esperienza pastorale di due o tre anni dopo l’ordinazione e anche per la possibilità di fare una specializzazione. Se non mi sbaglio siamo 13 preti dalla diocesi di Ambatondrazaka ad aver fatto questa esperienza a Reggio. Adesso è la diocesi di Morondava che continua questo gemellaggio con Reggio. Monsignor Scopelliti è stato per me come un papà, un babbo, ha segnato il mio percorso di vita, mi ha voluto tanto bene, più degli altri, certo amava tutti, ma a me di più.
Monsignor Antonio mi ha chiamato a fare il rettore nel Seminario minore della nostra diocesi. Ho lavorato da vicino con lui nella commissione liturgica diocesana, preparando delle omelie per i catechisti e per i sacerdoti, queste omelie sono diventate tre libri per l’anno A, B e C. Sono stato il suo cerimoniere, soprattutto durante la celebrazione del centenario del primo battesimo nella nostra diocesi.
Venivano delegati da Roma, cardinali, vescovi, anche i vescovi del Madagascar. E poi Monsignor Antonio mi ha inviato di nuovo a continuare i miei studi all’Istituto Universitario di Sofia, a Loppiano, appartenente al movimento dei Focolarini. Lui è stato un vescovo amico di questo movimento, di questa spiritualità dell’unità e della comunione. Sono stato formato lì, a Loppiano, sei anni, dove ho conseguito il dottorato in teologia. Ho scelto come motto episcopale la preghiera di Gesù al Padre per l’unità, che tutti siano uno, “Ut unum sint”. La spiritualità dell’unità dei Focolarini mi ha affascinato e mi ha formato, ha segnato la mia vita. Quindi come vescovo di Ambatondrazaka voglio promuovere, vivere questa spiritualità dell’unità nella mia diocesi. Monsignor Antonio sarà molto felice in Paradiso: prendo anche da lui, dalla sua pastorale, il tema della sinodalità. Monsignor Antonio, prima di papa Francesco, ha parlato già della sinodalità e della missionarietà della Chiesa e nella Chiesa.
Lei ha vissuto la formazione teologica del suo percorso seminaristico presso il Seminario Arcivescovile Pio XI di Reggio Calabria. Che ricordo ha di quegli anni?
Si, ho vissuto la formazione teologica e la formazione al sacerdozio nel Seminario arcivescovile “Pio XI” di Reggio Calabria, sono stati gli anni più belli della mia vita e della mia formazione. In totale sono stati quattro anni, vissuti con l’equipe di allora guidata da don Santo Marciano, oggi arcivescovo e ordinario militare per l’Italia. Siamo stati ordinati nello stesso anno, io nel gennaio 2006 come presbitero e lui nel giugno 2006 come arcivescovo. Io sono stato ordinato diacono con don Stefano Iacopino nella parrocchia di San Pantaleone, poi siamo stati ordinati presbiteri nella Cattedrale di Reggio Calabria per l’imposizione delle mani dell’arcivescovo Vittorio Mondello. In quei quattro anni di Seminario ho fatto esperienza di preghiera forte, ho imparato a pregare, il mio posto era nel banco dietro il rettore.
C’era anche la Scuola di preghiera organizzata dal Seminario a diretta dal rettore, il ritiro settimanale guidato dai padri spirituali, gli esercizi spirituali nei tempi forti, l’adorazione notturna, ma io sono stato un seminarista che ha studiato tanto, anche il rettore qualche volta mi ha rimproverato. Certamente non essendo italiano avevo difficoltà all’inizio, come difficoltà della lingua, per questo dovevo studiare di più rispetto agli altri. C’era anche l’esperienza della comunione, della fraternità nei piccoli gruppi, perché la comunità del Seminario era organizzata in gruppi, nei vari servizi, nelle preghiere. Ricordo le gite…si andava anche fuori Italia.
Cosa ha ripensato di quegli anni in questi giorni?
All’ordinazione diaconale e quella presbiterale ricevute a Reggio Calabria. Mi sento figlio della Chiesa reggina, conosco tanti preti diocesani. Prima della nomina, dal 7 al 10 agosto, sono stato a Reggio Calabria. Passando, ho visitato la cattedrale: ci sono dei bei ricordi. Sarò ordinato vescovo in Madagascar, ma la prima esperienza di ordinazione l’ho vissuta a Reggio e ci sono anche dei bei ricordi del servizio pastorale svolto a Campo Calabro, Campo Piale, Musalà e Matiniti.
Tra Ambatondrazaka e Reggio Calabria c’è un legame che continua ad alimentarsi…lei non è nato a Reggio, ma, come lei stesso ha detto, è reggino di adozione…
Tra Ambatondrazaka e Reggio Calabria c’è un legame che continua ad alimentarsi. Purtroppo si è interrotto, ma per fortuna è continuato con la diocesi di Morondava. Ora io penso di riprendere e di continuare questo gemellaggio e questa cooperazione missionaria, perché la Chiesa è universale, la Chiesa è sinodale e missionaria, quindi tutto questo fa bene per entrambe le chiese. Si sono malgascio, non sono nato a Reggio, ma è vero che sono un reggino di adozione, un pezzo del mio cuore è rimasto a Reggio: io vi invito a venire in Madagascar per la mia ordinazione episcopale che sarà domenica 13 ottobre.
In che modo possiamo aiutarla?
Prima di tutto, continuiamo il legame di amicizia, di vicinanza, continuiamo a camminare insieme fra noi. Quindi si potrebbe continuare uno scambio di preti. C’è don Claudio Roberti, un prete reggino, per esempio, da tanti anni in Madagascar, soprattutto nella mia diocesi. Lui è stato il mio formatore, è stato rettore nel seminario minore, vicario generale, economo della diocesi al tempo di monsignor Scopelliti. E poi vorrei continuare il gemellaggio con la diocesi di Reggio e perché no anche con la Città di Reggio, con cui Monsignor Antonio ha potuto costruire dei villaggi per la formazione dei laici.
Quindi la mia diocesi è aperta alla vostra diocesi. Ringrazio di tutto tutti voi e soprattutto l’attuale arcivescovo, monsignor Fortunato Morrone. Grazie a tutti voi preti, religiosi e laici della diocesi di Reggio. Un grazie particolare alla comunità della Sorgente, che si trova in montagna, salendo verso Vinco e Pavigliana, loro ci hanno accolti come famiglia di riferimento. Grazie!
L’articolo Formato a Reggio Calabria, vescovo in Africa. Monsignor Lalaina si racconta: «Mi sento un vero reggino» proviene da Avvenire di Calabria.