Oggi ricorre un’importante data per la Chiesa reggina: il 96° anniversario della consacrazione della Basilica Cattedrale di Reggio Calabria, dedicata a Maria Santissima Assunta, ricostruita dopo il devastante terremoto del 1908.
Un anniversario di fede e ricostruzione
Il 2 settembre 1928, l’attuale Basilica Cattedrale di Reggio Calabria veniva consacrata, segnando una pietra miliare per l’arcidiocesi di fondazione paolina. Erano trascorsi quasi venti anni da quel 28 dicembre 1908 e l’opera di ricostruzione, avviata finalmente nel settembre 1917, aveva consentito di elevare un tempio nuovo, con una struttura asismica in cemento armato che ne faceva la più grande costruzione di quel tipo in Italia.
L’occasione della consacrazione era stata dettata dalla necessità, pur non essendo l’opera ultimata nella decorazione e nel pavimento in marmo, di disporre del tempio per la celebrazione a Reggio del Congresso Eucaristico – Liturgico Regionale, richiesto dall’arcivescovo Rinaldo Camillo Rousset in occasione dell’Anno Santo 1925.
La celebrazione della Dedicazione
Ogni anno, la prima domenica di settembre, la Chiesa reggina celebra la festa della Dedicazione della Basilica Cattedrale. Quest’anno, la ricorrenza è coincisa con domenica 1 settembre, giorno in cui la Cattedrale ha ospitato una solenne celebrazione liturgica presieduta dall’arcivescovo metropolita, monsignor Fortunato Morrone. Durante la Messa, si è tenuto anche il rito di ammissione all’Ordine Sacro del seminarista Vincenzo Foti.
Un momento solenne per la comunità
In occasione della data particolarmente significativa per la Chiesa reggina, il seminarista Vincenzo Foti ha potuto condividere con l’intera comunità e la famiglia del Seminario Pio XI una delle tappe più importanti del suo cammino vocazionale verso il sacerdozio. Il rito di ammissione all’Ordine Sacro è un momento in cui la Chiesa riconosce ufficialmente che un seminarista ha una chiamata autentica a servire il Signore.
La Cattedrale di Reggio Calabria e la rinascita
Novantasei anni fa la nuova Cattedrale, ricostruita dopo il terremoto del 28 dicembre 1908, ospitò il solenne e lungo rito officiato da monsignor Paolo Albera, vescovo di Mileto, avviato alle ore sette del mattino e concluso dall’arcivescovo Carmelo Pujia a mezzogiorno con la celebrazione di una «messa bassa» nell’altare maggiore.
Abbiamo già, in altre occasioni, ricordato i momenti della lunga liturgia e la qualità degli spazi e della decorazione artistica dell’interno di quello che costituiva il più grande edificio di culto della Calabria.
Oggi, ricollegandoci al decimo anniversario del restauro della facciata principale, avvenuto il 14 agosto 2014, soffermeremo la nostra attenzione alle linee architettoniche della stessa mettendo in evidenza l’evoluzione del progetto iniziale e le modifiche introdotte nel corso della sua realizzazione.
La posa della prima pietra
Il lungo cantiere della ricostruzione, avviato con la posa della prima pietra il giorno 15 luglio 1917, si era dovuto misurare con le difficoltà economiche dovute al ritardo dell’erogazione dei fondi che avevano consentito inizialmente la realizzazione delle fondazioni seguite poi dalla struttura in elevazione.
Tra il 1923, anno in cui venne erogato un nuovo contributo da parte dello Stato, e il 1926 i lavori non ebbero continuità e furono ripresi grazie all’azione propulsiva dell’arcivescovo Carmelo Pujia operandosi interventi per migliorare la qualità artistica ed architettonica dell’insieme. Le scelte operate dal direttore dei lavori, ingegner Mariano Francescone, supportato dal consulente artistico dell’Impresa, professor Giovanni Chini, hanno di fatto modificato, pur non stravolgendo le linee neoromaniche, la qualità architettonica del progetto.
Il disegno riportato pone a confronto le linee del progetto originario con il disegno dell’insieme rilevato in occasione del recente restauro della facciata principale. Il padre Carmelo Angiolini, il carmelitano che l’arcivescovo Camillo Rinaldo Rousset aveva chiamato a Reggio Calabria per l’esperienza maturata con la costruzione di nuove chiese nell’area milanese, nella scelta dello stile architettonico, considerando i forti condizionamenti posti dalle «restrittive leggi antisismiche», si ispirò ai modelli romanici delle chiese lombarde.
Lo stile della nuova Cattedrale
Nelle note che accompagnarono la pubblicazione stampata in occasione della posa della prima pietra, il progettista evidenziò, escludendo le forme architettoniche rinascimentali e barocche difficilmente attuabili per le restrittive regole antisismiche, la scelta dello stile neoromanico, «procurando di riunire in un unico accento, l’accento religioso che sento profondo nell’animo, l’accento artistico che ha reso grande l’Italia, l’accento di un paese che sento di amare perché buono nel suo ardore, forte nelle sue sventure».
Egli ebbe a precisare, tuttavia, che «la facciata non è ricca di grandi decorazioni, ma col movimento delle linee ho cercato di produrre un effetto armonico ed aggraziato».
La scelta dell’impianto planimetrico a tre navate, per spezzare la loro continuità con la realizzazione di tre crociere «aventi la medesima larghezza e quindi la medesima altezza della navata maggiore», gli consentirono di porre la facciata sulla prima delle tre crociere, ottenendo una parete di chiusura verso l’esterno alla massima altezza.
La forma geometrica rettangolare (ventisei metri per quindici) necessitava di elementi di dinamismo e, pur non «ricca di grandi decorazioni», essa venne divisa «in tre campi o scompartimenti da quattro torri, che incominciando su pianta quadrata ad un terzo circa della loro altezza vengono raccordate con una pianta ottagonale» e terminavano con cuspidi, oltre la linea della cornice e del muro d’attico, che dovevano dare «snellezza ed eleganza».
Il campo centrale terminante con un timpano decorato con archetti romanici, posto a chiusura del tetto della navata centrale, accoglieva al suo interno il portone principale, sovrastato da una trifora e dal rosone. Nei campi laterali in basso si aprivano le porte di accesso, con pilastro centrale, in direzione delle navate laterali, sovrastate da due ordini di finestre bifore e da due finte gallerie con archetti romanici lungo il coronamento.
Le prime modifiche in corso d’opera
In corso d’opera, completata la esecuzione del rustico, si diede esecuzione alle finiture della facciata. Una delle prime modifiche riguardò la cuspide delle torrette per le quali, nel 1925 si provvide, su indicazione del professor Chini e dell’ingegner Mazzuccato, a coronarle con «quattro cupolini ottagonali sorretti da colonnine».
Questa scelta non piacque al nuovo arcivescovo Pujia interessato a ottenere un riequilibrio architettonico della facciata, teso a sminuire la pesantezza delle cornici orizzontali con un bilanciamento delle decorazioni. Non potendosi più modificare il timpano e i terminali delle torrette, si cercò un riequilibrio delle forme presenti, con un ridimensionamento delle bifore di facciata dei «campi» laterali, la semplificazione dei portali minori laterali, l’addizione di piccoli elementi decorativi a mosaico e l’aggiunta di elementi scultorei e decorativi attorno al rosone.
Vennero abolite le cinque nicchie che caratterizzavano la parte terminale del «campo» centrale e sulla cuspide del timpano venne realizzato il terminale gradonato su cui poggia la grande croce metallica. Il coronamento della facciata acquistò, con l’aggiunta di modanature e decorazioni, un maggiore spessore.
Le statue di San Paolo e Santo Stefano da Nicea dello scultore Francesco Jerace
Alla base del «campo centrale» scomparvero le due arcate che affiancavano il portale e, negli anni successivi al 1928, venne realizzato in aggetto il pronao avanzato rispetto alla facciata. Negli anni successivi la grande scalinata, con il posizionamento delle statue di San Paolo e di Santo Stefano da Nicea, eseguite dallo scultore Francesco Jerace, collocate in corrispondenza delle torri centrali, venne ripartita in tre parti seguendo le linee dei «campi».
Gli interventi più recenti
Negli scorsi anni con l’adeguamento dell’impianto di illuminazione, aggiornato alle nuove tecnologie, e con il restauro conservativo, è tornata a risplendere la bellezza del volto della chiesa madre della Diocesi reggina.
Dunque si rinnova un momento importante per la comunità del territorio tutto che vede nel Duomo uno dei simboli per eccellenza della rinascita della speranza dopo il disastro del terribile terremoto del 1908.
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