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Donne sfruttate a Reggio Calabria, il silenzioso servizio di “Delicati segni di speranza”

Un servizio “silenzioso” svolto, non senza difficoltà, tra le buie vie, quelle più nascoste, del centro cittadino. Alla ricerca di donne, tante ragazze, costrette a svendere anche la propria dignità. È questa solo una piccola parte della preziosa opera che da anni svolge l’unità di strada “Delicati segni di speranza”.

Accanto ai volontari, lunedì 11 dicembre, la comunità diocesana guidata dall’arcivescovo metropolita, monsignor Fortunato Morrone e la città di Reggio Calabria hanno pregato, soprattutto per manifestare vicinanza alle donne sfruttate e per riaccendere una “luce” su un fenomeno, quello della prostituzione, ancora molto diffuso in città.

Un fenomeno che negli ultimi anni ha subito un’evoluzione. «Dalla strada si è spostato nel chiuso degli appartamenti, per questo diventa ancora più difficile di prima il nostro intervento», ha spiegato ad Avvenire di Calabria – a margine della veglia dell’11 dicembre – la coordinatrice dell’unità di strada, suor Eva Furiani, superiora delle Alcantarine di Archi. Vi riproponiamo la sua testimonianza.

«…E vennero ad abitare in mezzo a noi» è la frase scelta per il Rosario di quest’anno, perché?
Da anni intendiamo mantenere viva la luce su un fenomeno molto meno evidente in strada, rispetto al passato, ma che continua a compiersi nel chiuso delle abitazioni. Nel riflettere, quest’anno, sul tema da scegliere abbiamo voluto focalizzare l’attenzione su un’altra faccia del fenomeno. È legata agli sbarchi che continuano a registrarsi sulle nostre coste.

In che senso?
Sono tante le donne e le ragazze che mettono a rischio la propria vita per raggiungere le coste italiane sperando in un futuro migliore. Dalla speranza al rischio di finire nelle maglie dello sfruttamento anche sessuale il passo è breve. Per questo il tema che abbiamo scelto vuole essere una sorta di invito a non spegnere la luce sugli sbarchi e su quanto illegalmente si muove attorno ad essi.

Perché Piazza Sant’Agostino?
Il luogo di ritrovo è un punto dove nelle traverse limitrofe incontravamo le ragazze. Ma adesso non riusciamo più ad avere contatti diretti con molte di loro. La maggior parte, infatti, sono tutte in casa. È, inoltre, un luogo simbolo in quanto punto di incontro per tante donne straniere giunte in Italia in cerca di condizioni di vita migliori, ma che spesso non riescono a trovare ciò che desideravano prima di mettersi in viaggio.

La preghiera di lunedì scorso segna solo un momento del vostro “delicato” servizio quotidiano. Come viene svolto?
Nonostante sia più difficile l’incontro, il nostro impegno sulla strada prosegue. Allo stesso tempo cerchiamo non solo di curare, ma prevenire il problema. Lo facciamo attraverso momenti di formazione e di conoscenza coinvolgendo, in particolare, i giovani del nostro territorio per far capire loro la dimensione reale di un problema di cui si parla tanto, spesso però in modo distorto, e soprattutto il valore del rispetto della vita umana.

Cosa vi spinge ancora a mettervi in cerca di tante giovani e donne sfruttate?
Di fronte alla difficoltà di approcciarci con loro, stiamo cercando anche di essere molto creativi nello spirito per evitare che si spenga l’attenzione su un fenomeno che esiste, con le stesse proporzioni se non maggiori rispetto a prima, ma oggi più nascosto e “senza” voce. Ecco, noi vogliamo essere quella voce di chi non è messo nelle condizioni di esprimersi in modo diretto, anche se vorrebbe chiedere aiuto.