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Nei luoghi del Maestro, futuri presbiteri reggini in pellegrinaggio in Terra Santa

L’intera comunità diocesana di Reggio Calabria – Bova e la famiglia del Seminario arcivescovile Pio XI si preparavano a vivere un altro momento di festa e preghiera nel segno del prezioso dono delle vocazioni. Fervono, infatti, i preparativi per l’ordinazione presbiterale dei cinque diaconi da poco rientrati dalla Terra Santa.

Si tratta di don Emanuele Benedetto, don Saverio Caccamo, don Alessandro Cama, don Candiloro Simone (detto Lori) Costarella e don Vincenzo Pace. Saranno consacrati presbiteri in Cattedrale sabato 24 giugno alle 18, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria dell’arcivescovo Fortunato Morrone.

Il giorno dopo, domenica 25 giugno, i futuri presbiteri presiederanno per la prima volta la messa nelle rispettive comunità parrocchiali di provenienza: don Alessandro al Santuario di Modena (9:00), don Emanuele a Santa Lucia (11:45), don Candeloro Simone a Santa Maria della Presentazione in Montebello Ionico (16:45), don Vincenzo nella parrocchia di San Bruno (10:30) e don Saverio a San Giuseppe in Melito Porto Salvo (19:00).

Tra le esperienze formative che quest’anno noi diaconi abbiamo potuto fare, una delle più rilevanti è stata sicuramente la permanenza per dieci giorni in terra santa, presso la Casa “Kerigma”, opera dell’associazione Attendiamoci.

La proposta è giunta a noi tramite l’invito di don Valerio Chiovaro, che sta spendendo questo tempo a far partire un interessante progetto, quello di una casa per accogliere presbiteri, ma non solo, per vivere un’esperienza di vita comune negli stessi luoghi dove ha vissuto Gesù. Il soggiorno ci ha visti girare per le strade di Gerusalemme alla scoperta di un ambiente che profuma di storia sacra, la città è infatti ricca di rovine di epoca gesuana, ma anche di un ambiente multiculturale molto vario. La città santa infatti è ancora oggi crocevia di popoli e di religioni diverse che si sperimentano in una convivenza a volte difficile.

L’opportunità di conoscere gli stessi luoghi della vita di Gesù è un’opportunità unica, permette infatti di guardare alle pagine del vangelo con occhio diverso: luoghi come il tempio, il calvario od il sepolcro vuoto non sono più spazi da riempire con la fantasia, ma diventano memoria di una fede vissuta e celebrata lungo i secoli.

Gerusalemme colpisce anche per questo. È un luogo dove la memoria delle diverse comunità cristiane che la abitano non è svanita, ma, soprattutto in alcuni luoghi è sopravvissuta alle traversie della storia complessa che quella terra ha avuto.

Particolarmente significativo è stato anche il pellegrinaggio a Betlemme lì dove sorge una basilica che risale addirittura al quarto secolo e che custodisce il luogo della nascita di Gesù. Fa effetto vedere le folle di pellegrini che sgomitano per poter sostare anche se per pochi secondi sui luoghi fondamentali per la storia della salvezza. Lì risuona forte il “qui” dell’incarnazione, come al calvario ed al sepolcro risuona quello del culmine della redenzione del mondo.

Il pellegrinaggio, inoltre, consentendoci di sostare a Gerusalemme per diversi giorni ci ha permesso di prendere familiarità con tutta la multiculturalità presente in quel luogo. Il primo forte confronto si ha con la mentalità degli israeliani, che conservano una cultura ed una vita di preghiera antichissima, ed hanno costruito una nazione sulla base di una tradizione che si sono trasmessi da tempo immemore.

È significativa poi la presenza del popolo arabo, che popola quella terra fin dalle invasioni dei primi imperi musulmani, un popolo prevalentemente di religione islamica, con tutte le differenze che questo fa percepire anche solo camminando per strada, ma che vede in sé anche la presenza di una piccola comunità cristiana.

I cristiani in terra santa rappresentano il gruppo più piccolo, ma anche più variegato, tutte le grandi confessioni infatti hanno tenuto ad avere una loro presenza all’interno di quei luoghi, per custodirli e per permettere ai pellegrini di tutto il mondo di visitarli. La loro presenza non è stata sterile, ma ricca di preghiera, di studio, di attività legate al sostegno dei più poveri. In un luogo dove non si possono fare proseliti, la voce dei cristiani ha imparato a farsi silente e carica di opere d’amore più che di sermoni.

È stata un’esperienza che certamente porteremo a lungo nel cuore e nella mente, una possibilità di allargare gli orizzonti senza precedenti, che sicuramente ci accompagnerà nella prossima tappa dell’ordinazione presbiterale, un esperienza formativa a tutto tondo che speriamo ancora tanti altri potranno fare dopo di noi.

Alessandro Cama
Diacono Seminario Pio XI Rc