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È il tempo di cercare l’acqua della vita

È l’itinerario proposto in particolare ai catecumeni, ossia a quanti si dispongono a ricevere il battesimo, ed ecco perché passa attraverso la rappresentazione di tre segni che indicano proprio il sacramento della rigenerazione: il primo è l’acqua, quello di oggi, terza domenica di Quaresima, che ci propone il vangelo della samaritana; il secondo è quello della luce, domenica prossima con il vangelo del cieco nato; infine quello della vita, nella quinta e ultima domenica, attraverso il racconto della risurrezione di Lazzaro. Acqua, luce e vita per ricordarci che in fondo la vita cristiana è un continuo catecumenato, ossia un costante stato di riflessione e approfondimento della Parola di Dio, per riscoprire la bellezza di mettersi alla sequela di Gesù, unico maestro di vita e universale salvatore.

Il vangelo della samaritana è una delle pagine tra i vangeli domenicali più lunghe e di conseguenza più ricche di indicazioni spirituali. Ne scegliamo alcune che ci sembrano tra le più rilevanti. La prima è quella di Gesù che, affaticato e assetato dal viaggio, sosta presso il pozzo di Sicar. Non possiamo non pensare immediatamente alle nostre fatiche e stanchezze, ma anche alle nostre seti e arsure. Come Gesù, anche noi abbiamo bisogno di un pozzo capace di soddisfare questi bisogni. Ma dove? Questo pozzo è certamente l’amore di Dio. “Quanta sete nel mio cuore nel mio cuore, solo in Dio si spegnerà”, così ci fa cantare un ormai vecchio e noto canto liturgico. La Quaresima potrebbe essere, senza alcun dubbio, un tempo prezioso e favorevole per cercare e trovare questo pozzo cui attingere abbondantemente l’acqua della vita, indispensabile per tutte le nostre necessità spirituali. L’indicazione temporale del vangelo di Giovanni, “era circa mezzogiorno”, l’ora più calda, non è messa lì a caso, ma ci ricorda che quanto più alta è la nostra difficoltà, tanto più Dio ci viene incontro, soprattutto se abbiamo l’umiltà di chiedere: “cercate e troverete”.

“Dammi da bere” è la richiesta chiara e diretta di Gesù alla samaritana. Bome non pensare all’altro suo “sitio”, “ho sete”, pronunciato sulla croce e che ci ricorda che la sua sete è essenzialmente sete d’amore, sete per la salvezza di tutti gli uomini. Essa è difficilmente colmabile se non si entra nell’ottica del dono. È questa in fondo l’esperienza della donna fortunata di Samaria, che passa dal sentire rivolta a lei una richiesta precisa, “dammi da bere”, ad essere lei stessa ricercatrice dell’acqua viva che zampilla per la vita eterna. Tale passaggio sarà possibile se anche noi sappiamo accogliere con umiltà l’invito di Gesù: “si scires donum Dei”, “se conoscessi il dono di Dio”. Che fatica facciamo invece soprattutto quelle volte in cui ci perdiamo nella ricerca di doni e regali che ci soddisfano per un momento gratificandoci, ma poco dopo affiora dentro di noi un altro bisogno ancora più grande! Aveva ragione allora sant’Agostino che così scriveva: “Tu ci hai fatti per Te e li nostro cuore è inqueto, non trova pace, finché non riposa in Te”. Ma noi siamo così convinti che Gesù Cristo è il vero donum Dei, che solo la fede in Lui può soddisfare i nostro più profondi bisogni e impellenti necessità? Siamo così capaci di attingere dall’unico autentico pozzo capace non solo di colmare le nostre fragilità, ma anche di dissetare una volta per tutte le nostri altrettante seti di amore? La risposta sta ancora una volta nella parola “conversione”, ossia nella nostra capacità di lasciarci cambiare interiormente, cioè coinvolgere e stravolgere dall’amore di Dio, l’unico capace di donare tutto, senza pretendere nulla in cambio.

Chiediamo, infine, di far nostra l’esperienza felice della samaritana dissetata e salvata perché profondamente compresa e amata dal Signore, che dopo quell’incontro decisivo per la sua vita corre in città ad annunciare a tutti la gioia e la bellezza dell’incontro con l’unico vero salvatore del mondo.

Monsignor Giacomo D’Anna