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La Trasfigurazione è un segno concreto della tenerezza e comprensione del Maestro verso i discepoli

trasfigurazione

È stato significativo che quest’anno Papa Francesco, scrivendo il suo messaggio della Quaresima, abbia pensato proprio alla pagina della Trasfigurazione, cogliendo innanzitutto l’aspetto dell’ascesi, ossia della fatica spirituale che il cammino quaresimale, particolarmente in salita, comporta nella nostra vita di cristiani. Egli così scrive: “L’ascesi quaresimale è un impegno, sempre animato dalla Grazia, per superare le nostre mancanze di fede e le resistenze a seguire Gesù sul cammino della croce”. Il primo elemento che non ci deve dunque sfuggire nella nostra riflessione domenicale è lo stretto collegamento tra la pagina delle tentazioni e quella della Trasfigurazione, eventi del mistero di Cristo che dimostrano la sua umanità e nello stesso tempo la sua divinità, la sua debolezza umana e la sua forza divina, la sua morte in croce e la sua risurrezione. È significativo il fatto che Gesù per la Trasfigurazione ritiene importante e fondamentale la testimonianza dei discepoli, ed è per questo che prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni affinchè siano presenti sia nel momento dell’anticipazione della sua gloria, appunto la Trasfigurazione, sia nel momento dell’anticipazione della sua passione, vissuta nell’agonia del Getsemani.

Mi piace poi ricordare che il racconto della Trasfigurazione è un segno concreto della tenerezza e comprensione del Maestro verso i discepoli, la cui fede era ancora alquanto debole e vacillante, come ci dimostra la scena evangelica che precede la pagina di oggi, avvenuta appena sei giorni prima, quando ci viene narrato lo scontro tra Gesù e Simon Pietro, che cerca di opporsi con tutte le sue forze alla volontà di Gesù di andare a Gerusalemme per offrire la vita, accettando liberamente la sua dolorosa passione e morte. La Trasfigurazione è un momento dunque di preparazione dei discepoli, atto ad attutire lo shock e lo scandalo della futura straziante scena dell’impotenza e debolezza di Cristo davanti ai suoi carnefici, anticipando così la sua gloria e mostrandosi particolarmente raggiante e luminoso. Una visione bellissima suggellata dalla presenza di Mosè ed Elia, espressione delle Legge e dei Profeti, che in questo misterioso evento realizzano e portano a compimento di tutte le promesse di Dio fatte nel Vecchio Testamento. Gli apostoli sono confusi e nello stesso tempo entusiasti, tant’è che vorrebbero prolungare il più a lungo possibile la radiosa scena, avanzando l’azzardata proposta di costruire lì tre capanne. Ma Gesù fa intendere loro che c’è un altro monte che li attende, il Golgota, ossia il Calvario, che nessuno che si professi discepolo può ignorare o evitare (d’altronde Gesù è stato inequivocabilmente chiaro: “Chi mi vuol seguire prenda la sua croce e mi segua”).

L’ultima parola è la voce dal cielo che proclama: “Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltato”. Ancora una volta ritorna il primato dell’ascolto, il primato della Parola già evidenziato nel Vangelo di domenica scorsa: come Gesù ha vinto la tentazione con la forza della Parola di Dio, così anche noi potremo ritrovarci forti e vincitori sul male e sul peccato se invece che fidarci delle nostre capacità sappiamo accogliere l’invito divino di ascoltare quanto il Signore ci dice e ci invita a fare.

Mi piace concludere ricordando l’invito che Papa Francesco ha rivolto a quanti si apprestano a vivere questa presente Quaresima: farci “artigiani di sinodalità”, impegno che comporta indubbiamente un cammino in salita, che richiede sforzo, sacrificio e concentrazione, requisiti che, se sostenuti dalla forza dello Spirito Santo, ci permettono di “proseguire insieme il cammino con Lui, gloria del suo popolo e luce delle genti”.

Mons. Giacomo D’Anna