Da sempre infatti il gesto di Gesù di salire sul monte, di prendere la parola e insegnare è stato interpretato come il segno dell’avvento di un nuovo Mosè, pronto a darci non più una legge fatta di prescrizioni e precetti da osservare scrupolosamente, ma come un itinerario spirituale per raggiungere la vera felicità già in questa vita. Anche il riferimento alla montagna richiama il fatto che è vero che la salita comporta un certo sforzo e fatica, ma si è poi premiati dalla gioia di poter contemplare dall’alto un panorama bellissimo. Nella spiritualità cristiana si parla appunto di ascesi, intendendo con questo termine la “pratica spirituale che mira a ottenere il distacco dal mondo e la conseguente perfezione interiore mediante l’abnegazione e l’esercizio delle virtù”.
Certo, non possiamo non riconoscere che facciamo davvero fatica ad entrare in questa logica che ribalta tutti i nostri parametri e criteri di giudizio e di azione. Come fare nel mondo di oggi a credere che sono beati proprio quelli che noi consideriamo i più infelici e sfortunati della terra, e per i quali non ci sogneremmo mai di provare sentimenti di invidia o gelosia? Questo sarà ancor più complicato se non riconosciamo che Cristo ha scelto di essere il vero povero in spirito, il mite per eccellenza, il misericordioso ineguagliabile, etc. Se è vero allora che essere veramente cristiani significa seguire le orme e vivere come ha vissuto Gesù, comprendiamo che non possiamo non scegliere di essere come Lui, poveri in spirito, miti, misericordiosi, puri di cuore. Non facciamoci illusioni: questo stile di vita resterà sempre assurdo e improponibile per la mentalità mondana del nostro tempo, ma a noi apparirà sempre più attuabile.
Qualcuno potrebbe giustamente obiettare: perché allora molti che si dicono cristiani vivono in modo diametralmente opposto allo spirito delle beatitudini? Come mai anche all’interno delle nostre comunità emergono spesso invece di tanto spirito di povertà tanta ricchezza, invece di tanta mitezza tanta arroganza, invece di tanta misericordia tanto giustizialismo, invece di tanta fame e sete di giustizia tanta bramosia di potere e di successo? Non tocca a noi dare risposte esaustive, tanto meno giudicare, ma piuttosto riproporre il costante e accorato invito di Gesù: “Convertitevi!”, ossia “cambiate testa”, modo di pensare e di agire. Se manca questa quotidiana conversione, continueremo ad inseguire moralismi e ritualismi vuoti e insignificanti, dimenticando che l’impegno fondamentale della vita cristiana è sforzarci di vivere i consigli evangelici, che sono il segreto della vera felicità. Comprenderemo allora che la parola beati non è un auspicio, un augurio, né tanto meno un’utopia o una chimera, ma una condizione necessaria per piacere a Dio ed essere realmente cristiani adulti nella fede.
Le promesse in un futuro eterno di felicità e di gioia contenute in beatitudine saranno il modo concreto per convincerci che Dio ci ha creato per essere felici già su questa terra, e così veramente sarà se incarneremo lo spirito delle beatitudini e ci impegneremo a testimoniare che anche oggi è possibile vivere il Vangelo, anticipando così la sorte futura, la beatitudine eterna, promessa a coloro che si sono fidati di Gesù, di quanti hanno accolto l’invito a vivere come Lui e a sperimentare la gioia di una vita buona già in questo mondo, come prova di chi vive la verità di una promessa: “Rallegrarvi ed esultare perché grande e la vostra ricompensa eterna nel cielo”.