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Il pane spezzato e condiviso che nutre e sostiene

La Chiesa per far questo, oltre alle innumerevoli Messe celebrate oggi in modo particolarmente solenne e grandioso, propone processioni eucaristiche da vivere con altrettanta solennità e partecipazione e che si svolgono in moltissimi centri abitati proprio per indicare il passaggio di Gesù per le nostre strade, il suo farsi “compagno”, espressione che nel latino richiama ancora il segno del pane, “cum-panis”, nella quotidianità del mondo contemporaneo. In processione non viene portata un’immagine, una statua o una reliquia di Cristo, della Madonna o dei nostri santi, ma è Gesù realmente presente con il suo corpo, il suo sangue, la sua anima e divinità racchiusi in un pezzettino di pane custodito ed esposto in una teca preziosa, utile a mostrare a tutti Colui che passa ancora una volta per benedire quanti credono in Lui. Eppure quanta differenza nel sentire e partecipare a questa processione, che potrebbe essere l’unica, quella per eccellenza, rispetto a quelle delle nostre Madonne e dei nostri santi patroni.
Il Vangelo di oggi propone il racconto del miracolo della moltiplicazione del pani e dei pesci, che certamente non offre spunti teologici per spiegare dogmaticamente come Dio “che i cieli dei cieli non possono contenere” si nasconda in una minuscola ostia, in un semplice pezzettino di pane, ma ci dice che se “Dio è amore”, cosa profondamente evidenziata nella celebrazione della SS. Trinità di domenica scorsa, questo amore non è un idea astratta ed eterea, ma un segno vero e concreto. Conosciamo tutti l’alto valore simbolico del pane, che non a caso Gesù sceglie come suo attributo per autodefinirsi “io sono il pane”. Il nostro pensiero va immediatamente a qualcosa che si fa mangiare, masticare, inghiottire da noi, per dar forza, vigore e sostegno alla nostra esistenza umana, spesso affaticata e oppressa, stanca ed esausta, situazione che il vangelo odierno esprime con una espressione degli apostoli, i quali non esitano a far notare a Gesù: “Qui siamo in una zona deserta”. La stanchezza, elemento umano normalissimo, specialmente se registrato al termine di una giornata molto intensa e faticosa, sembra maggiormente avvertita soprattutto dagli stessi apostoli, a differenza della folla instancabile nel sentir “parlare del regno di Dio” e nell’assistere alle guarigioni di “quanti avveno bisogno di cure”, e che neanche lontanamente intende congedarsi dal Maestro, mostrandosi così affamata più di amore e verità, che di pane e di pesci. Che differenza con i “poveri” apostoli che non vedevano l’ora di ritornare comodamente a casa, invece di star lì a perdere tempo dietro a tanta gente! Ma Gesù stravolge sempre ed invece di accontentare le loro richieste di riposo e di relax, li sottopone ad un ulteriore pesante sforzo: “Date voi stessi da mangiare”, espressione, che si presta ad una duplice interpretazione: mettersi e servire e sfamate la gente, distribuendo loro il necessario, oppure “siate voi pane spezzato per i fratelli, fatevi mangiare dalla gente”. Altro che riposo e relax! Qui non è più questione di dedicare tempo o di fare qualcosa per gli altri, ma è impegno di vita, estremo sacrificio, che coinvolge tutta l’esistenza. È la logica della condivisione con gli altri, non solo del pane, ma di tutto se stessi, per cui non c’è più posto per l’egoismo, il calcolo, il tornaconto. “E il miracolo del pane in terra si ripeterà”. Così ci fa cantare un noto canto liturgico e così è ogniqualvolta che “sarà l’amore che il raccolto spartirà”, facendo sì che tutti abbiamo da mangiare per essere sfamati senza sfruttamento e diseguaglianze.