Già la liturgia delle Ceneri di mercoledì scorso ci ha indicato tre rimendi contro il male e il peccato: la carità, la preghiera e il digiuno, strumenti indispensabili per non lasciarci dominare da tutto ciò che ci allontana da Dio, e condurci nella strada del peccato e della perdizione, rappresentati dalle triplici prove che il vangelo chiama “tentazioni”.
Anche per questo periodo quaresimale ci facciamo guidare dall’evangelista Luca, sempre ricco di espressioni e particolari che ci permettono di contemplare la grandezza dell’amore di Dio e della sua fedeltà, che non viene mai meno, neanche davanti alle più forti e provocanti prove della vita.
Mi sembra un particolare molto significativo il fatto che Luca colleghi strettamente la pagina delle tentazioni di Gesù con quella del suo battesimo; infatti ci riporta al fiume Giordano, dove il Signore appena battezzato viene riempito di Spirto Santo e da dove lo stesso Spirito lo conduce nel deserto per essere sottoposto alla prova. Il protagonista allora è sempre lo Spirto Santo: è Lui che permette la tentazione e Lui che fa vincere. La Parola di Dio ci vuol dire che quanto avvenuto per Gesù può avvenire per ognuno di noi, se ci fidiamo dello Spirito e se a Lui ci affidiamo. Il collegamento della scena del battesimo e quella delle tentazioni di Cristo ci spinge a leggere tutto nella chiave che è più congeniale alla vita di Gesù: il suo farsi pienamente solidale con gli uomini. Una solidarietà con tutto il genere umano che lo porta a mettersi in fila con i peccatori, per essere anche lui battezzato, una solidarietà che gli farà accettare persino il lasciarsi sottoporre alle tentazioni, il mettersi cioè faccia a faccia con il diavolo, che non lo lascerà mai più in pace, come non lascia mai in pace quanti si apprestano a servire il Signore, quanti decidono di seguirlo liberamente e gioiosamente.
Le tre tentazioni di Cristo si articolano in tre “P”: quella del “pane”, come segno del desiderio smodato della ricchezza; quella del “potere”, come segno della mania di grandezza per la gloria umana; quella del “prestigio”, come strumentalizzazione persino della fede in Dio. Esse si coagulano nell’ultima tentazione di Cristo, quando Satana lo invita a scendere dalla croce, anteponendo cioè l’amore per il proprio io rispetto all’amore per il proprio Dio. È questa in fondo la costante tentazione per tutti, nonché la primaria intenzione e funzione del tentatore, quella di dividerci, separaci, allontanarci da Dio (verbi questi ultimi che rimandano all’etimologia greca dia-ballo del termine diavolo).
Non ci sfugga un particolare preziosissimo per chi si dispone a vivere bene la quaresima. Gesù vince le tentazioni con la parola di Dio, che si rivela sempre un’arma potentissima contro ogni forma di negatività, contro ogni attacco diabolico. Non vinceremo mai il male con le nostre strategie di potere o con le nostre forze umane, ma solo se ci facciamo guidare dalla Parola di Dio “viva ed efficace” – come la definisce l’Apostolo – “come un spada a doppio taglio”, che recide fin dal profondo le radici di tutto ciò che non solo non viene da Dio, ma addirittura ci mette contro Dio, invitandoci a fare a meno di Lui, addirittura di prendere il posto suo.
Disponiamoci allora a vivere santamente il tempo quaresimale, che è tutto davanti a noi come occasione favorevole, tempo di grazia per riscoprire “che non di solo pane vive l’uomo”, che non è possibile esistere senza adorare Dio sopra ogni cosa, e soprattutto che solo con Dio possiamo avere forza e potenza e sperimentare che nulla potrà mai separarci dall’amore di Dio, anzi che possiamo essere “più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati” (Rm 8,37).