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Don Falabretti spiega il sinodo ai giovani reggini

E quel quid agendum, quel chiedersi cosa fare, quell’ascoltarsi all’interno per scrutare «la divina cometa» che indicherà la vera rotta, che determinò il sentiero, fino alla santità, di Ignazio di Loyola, è, lo stesso che anima quanti, a sera di un palindromo 22 di febbraio del 2022, scelgono di dedicare un’oretta e mezza alla cura del proprio servizio educativo.
L’Ufficio diocesano di Pastorale giovanile ha chiesto a don Michele Falabretti d’intervenire su «Sinodalità: semplice discussione o stile da assumere?».
E il prete bergamasco, da dieci anni al timone del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile, all’orario concordato è lì, in sala d’attesa, su piattaforma Zoom, insieme a tanti altri, da casa o in piccola comitiva dal salone parrocchiale.
È il reggino direttore don Michele D’Agostino ad aprir le danze; segue poi una sorta di “dietro le quinte” su … vita e opere di don Falabretti, quindi ecco apparire il word cloud! I partecipanti vengono invitati a rispondere, in privato e anonimamente, ad un quesito: se ti dico “sinodo”, cosa ti viene in mente? Il risultato è, appunto, un world cloud, una … nuvola di parole.
E finalmente, a schermo pieno, ecco apparire don Falabretti. E proprio dalla nuvola di parole parte don Michele da Roma: «ogni parola che va a comporre la nuvola, che voi avete pensato e scritto, evidenzia quella particolare condizione in cui ogni uomo vive: l’interdipendenza! L’essenzialità dell’essere in relazione con gli altri e con Dio».
Cita Isaia e quel “sentinella quanto resta della notte?”. Cita la sanremese canzone di Gianni Morandi, «a forza di credere che il male passerà/ sto passando io/ e lui resta».
Sottolinea, don Falabretti, che questo pandemico tempo, «un lungo attraversamento della notte, certi però che il giorno verrà», c’aiuta a «vedere cose, che sapevamo esistessero, ma delle quali non avevamo preso atto».
Richiama Dossetti, rimarcando che, «quei problemi della Chiesa, presenti quarant’anni fa, ci son pure oggi. Non li abbiamo mai risolti, ma oggi la pandemia sta facendo da evidenziatore, ci sta aprendo gli occhi!».

E ancora: «siamo educatori, chiamati a leggere i segnali che i giovani ci mandano. Siamo chiamati dalla Chiesa a vivere un servizio, non a far nella Chiesa sol quello che ci fa star bene… Ecco l’urgenza d’esser sinodo: riscoprirci comunità, uomini e donne obbedienti alla Parola che chiama, disponibili a pensare e progettare insieme, vogliosi d’esser profeti, ovvero, votati al sacrificio e col cuore aperto allo Spirito. E fedeli al futuro: poiché la posta in gioco è alta e non possiamo sciuparla».

Introduce i concetti di ambivalenza ed economia circolare: e se «l’ambivalenza ci fa scivolare nell’ascolto, poiché se ascolto evito di giudicare a priori e di veder dunque le cose in maniera diversa da come in realtà sono, l’economia circolare” è l’espediente che ci permette di “dar valore a tutto ciò che appare scarto, da buttare, recuperando così tutte quelle idee che oggi appaiono novità, ma che la Chiesa ha già pensato e magari elaborato negli anni passati».

La conclusione è suggestiva: don Falabretti esorta a combattere l’inquinamento luminoso! «Spegniamo le luci che non servono e contempliamo le stelle più lontane».