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Consulta aggregazioni laicali, Gelonese conclude il mandato

«Tante le amicizie nuove fatte. Ma anche quelle consolidate in questi anni con tanti fratelli nella fede. Ciascuno a rappresentare diverse esperienze e carismi». Inizia così ciò che può essere definito una sorta di bilancio di fine mandato. Vissuto da Gelonese quale arricchimento del propria esperienza personale. «La ricchezza di bene, purtroppo spesso nascosta, presente nei nostri gruppi è sempre una scoperta», ammette.

Sono state realizzate tante cose, quali di queste considera più importanti?
Un organismo come la Consulta delle aggregazioni laicali raggiunge un primo obiettivo innanzitutto quando rafforza la comunione tra i gruppi e i suoi membri, e consolida il loro sensus ecclesiae. È un punto da non sottovalutare, in un momento in cui, anche a livello ecclesiale, si tende a bypassare la bellezza e la fatica dello stare insieme tra diversi, camminare, progettare. Penso all’immagine di Francesco della Chiesa come prisma, ma anche allo stesso Sinodo. In questi anni in noi è cresciuta la consapevolezza della necessità di un impegno più intenso e comune su temi come la cura del creato, i giovani e la famiglia, le vecchie e nuove povertà. Abbiamo piantato semi che frutteranno nei prossimi mesi: la collaborazione con la Caritas, la pastorale familiare, la consulta di pastorale giovanile.

Cosa c’è ancora da fare?
Il pensiero va certamente all’impegno sociale e politico. Come rappresentanti della Consulta delle aggregazioni laicali abbiamo prodotto due documenti in occasione delle elezioni politiche del 2018 ed europee del 2019. Le ultime elezioni amministrative hanno visto la presenza di diversi candidati a Reggio provenienti dall’associazionismo cattolico, e questo è un dato positivo. Certamente manca ancora un’elaborazione comune, che andando al di là dell’anacronistico “partito dei cattolici” ricostruisca quella capacità, che ci ha chiesto recentemente il vescovo Fortunato, di “parlare il linguaggio della città”, di camminare insieme ad altri con umiltà, di essere, per citarlo ancora, “diversamente presenti”. La presenza dei cattolici nelle città, infatti, c’è già: siamo classe dirigente nella scuola, nell’università, nella pubblica amministrazione… la frammentazione e l’individualismo personale e di gruppo, che è nella mentalità reggina, è però per me un peccato che i cristiani della nostra Diocesi fanno ancora fatica a confessare.

Tutta la Chiesa sta vivendo la sfida sinodale. Che coinvolgimento ha registrato da parte delle associazioni?
Siamo ancora agli inizi del cammino sinodale. Come consulta delle aggregazioni laicali abbiamo percorso una prima tappa a novembre, confrontandoci sul primo tema, e i gruppi stanno dando una mano nelle parrocchie secondo la scansione prevista dalla Diocesi. Penso che il Sinodo sia una sfida proprio per i laici e i laici associati, a condurre la Chiesa diocesana in un processo di ascolto e rigenerazione, con coraggio e creatività, ad aiutare parrocchie, e gli stessi gruppi, a individuare pratiche e metodi da abbandonare con serenità per rimettere al centro della proposta cristiana «il vino nuovo e frizzante del Vangelo» (Morrone), e un nuovo stile di presenza ecclesiale sul modello delle prime comunità cristiane.

L’avvento delle relazioni digitali e la Pandemia hanno impoverito le relazioni “in presenza”. Le associazioni hanno subito contraccolpi? Come recuperare il senso di appartenenza?
La presenza dei gruppi in questo periodo di pandemia è forse uno dei punti di forza del cammino della Consulta. La Consulta per le aggregazioni laicali è stato l’unico organismo ecclesiale diocesano che si è riunito in lockdown, seppure in remoto, con i rappresentanti che ci hanno raccontato un mosaico di realtà che nelle parrocchie e sul territorio si sono prese cura concretamente e silenziosamente di persone sole e famiglie in difficoltà. La pandemia ha dato un duro colpo all’associazionismo come relazioni quotidiane e costanti, ma ha anche consentito la sperimentazione di nuove modalità di condivisione di esperienze e contenuti, facendoci riscoprire la necessità di ogni relazione, anche le più piccole. Sono ottimista.