Una domanda mi ha sempre attraversato fin dalla mia adolescenza: che cosa posso fare io per gli altri? Nel corso degli anni ho sempre cercato come realizzare questo mio desiderio. Ho intrapreso diverse strade che sentivo parte di me, ma tutte erano distanti da una dimensione di fede. Dopo la prima Comunione, così come accadeva a tanti miei coetanei, non frequentai più la parrocchia, e anche prima frequentavo solo perché obbligato dalla mia famiglia. Devo dire, però, che, già allora, sentivo dentro di me qualcosa ma non capendo bene cosa fosse non diedi molta importanza. Mi dedicai ad altro. Cominciai a studiare ristorazione perché amavo la cucina e pensavo di farne la mia professione, ma dopo un po’, si ripresentò la stessa domanda e capii che la strada che avevo intrapreso non era quello che veramente desideravo. In famiglia sperimentai la sofferenza e l’accostarmi al malato, prendendomi cura di lui, fu un’esperienza particolarmente intensa che mi spinse a studiare Scienze infermieristiche.
Da subito iniziai il tirocinio e il contatto con i pazienti era molto bello, era come se avessi trovato finalmente il mio posto. Ma dopo un po’ la mia domanda di senso si ripresentò. Attraversai una crisi profonda perché qualsiasi cosa provassi a fare non era quella che mi facesse sentire al posto giusto. Realizzare che il Signore mi chiamava al sacerdozio per me è stato un duro colpo. Cosa centravo io con il Signore? Non avevo mai intrapreso percorsi di fede e non riuscivo a farmi le giuste domande dentro di me facevo molta resistenza. La domanda che di frequente mi ponevo era: come poteva il Signore chiamare uno come me, uno che non sapeva nemmeno rispondere durante la celebrazione della messa? Era un qualcosa che io per primo non concepivo. Ma più io resistevo e più lui si faceva insistente. Dopo un lungo periodo di confusione decisi di cedere alla chiamata che sentivo e, seguito da un sacerdote che nel frattempo avevo conosciuto, iniziai il mio percorso di discernimento, che mi portò a farmi le domande giuste, e a lasciare che il Signore mi parlasse. Questo dialogo mi accompagnò e mi fece fare chiarezza.
Incontrare il Signore da adulto mi ha colto alla sprovvista, non ero abituato ad una relazione col trascendente, la mia prima difficoltà fu: come pregare, cosa dire a Dio in preghiera e come parlare al Signore di me, dato che lui è Dio e già mi conosceva? Durante la formazione in Seminario ho imparato a mettermi in dialogo con Dio, a condividere la gioia di quello che mi veniva insegnato, le fatiche per raggiungere ogni piccolo traguardo e anche lo sconforto per qualche fallimento. Non sempre si raggiungono i traguardi al primo tentativo, ma la cosa più importante e non arrendersi, rialzarsi e proseguire, non usando il fallimento per auto commiserarti, ma come punto di partenza. Non sei solo in questo cammino. Dio cammina al tuo fianco non solo quando fai bene le cose, ma anche quando le fai male, perché anche dall’errore Dio trae cose buone per la tua vita. Sperimenti la bellezza di un Dio che nonostante te, porta a compimento il progetto per la tua vita; che ti ama così come sei, ti ama talmente tanto da donare la vita per te. Vi chiedo di pregare per le vocazioni affinché i chiamati alla vita di speciale consacrazione abbiano il coraggio di rispondere alla chiamata del Signore e che trovino anche degli esempi credibili a cui fare riferimento.
Antonio Circosta