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Pasqua, il passaggio da uno stato di vita a un altro

Eppure «ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di continua Quaresima senza Pasqua» (EG 6). Con questa felice e originale espressione, Francesco vorrebbe indicare uno stile nuovo e certamente più incisivo di chi non è più sotto il dominio del male, ma illuminato dalla luce che viene dalla gloria del Signore Risorto: è inconcepibile vedere cristiani che non sorridono mai, sempre col muso lungo, mentre dovrebbero distinguersi per ottimismo e speranza, quali segni di un’esistenza vissuta in comunione col Risorto. Se questo avviene è certamente perché scarsa rilevanza ha nella nostra vita di fede la spiritualità del Signore Risorto. Basta considerare la devozione e la stessa pastorale incentrate molto sulla passione di Cristo piuttosto che sulla sua risurrezione. Basta pensare oggi anche al fiorire di tante Via Crucis Viventi, che spesso altro non sono che occasione di un ulteriore evento folcloristico. Siamo ancora figli di una cultura religiosa medievale che puntava esclusivamente sulla morte del Signore, dimenticando il cuore della rivelazione cristiana, espressa inequivocabilmente dalle parole dell’Apostolo: «Se noi non crediamo che Cristo è risorto è vana la nostra fede». Credere che Gesù è veramente risorto significa allora credere che noi siamo stati comprati a caro prezzo e che Lui ha vinto tutto il male che c’è nel mondo, persino quello che da sempre è considerato da tutti l’ultimo invalicabile confine della vita umana: la morte. Questa è la grandezza della rivelazione cristiana! Questo è il senso della vera fede, nonché il motivo che fonda la nostra pace. Come sarebbe diversa la nostra vita se ci convincessimo definitivamente che il Signore è veramente risorto, vivo e presente nella nostra storia di ogni giorno, per condividere con noi gioie e dolori, fatiche speranze. Altro che «ma dov’è Dio?». Il Vangelo di questa domenica si apre con una figura femminile, Maria di Magdala. Gesù affida la notizia più importante della fede cristiana a una donna, un monito per coloro che considerano scandalosa la scelta di di papa Francesco di dare maggiore responsabilità alle donne nella Chiesa. E poi il dinamismo di questa pagina: tutti corrono, nessuno se ne sta comodamente seduto in casa, ma tutti vanno al sepolcro con l’ardente desiderio di vedere Gesù e da lì ripartono per annunciare la gioia della risurrezione. Nasce la Chiesa dell’annuncio, la Chiesa missionaria, che raggiunge tutte le periferie esistenziali dell’umanità per gridare che Gesù è veramente risorto e che niente e nessuno mai può più separarci dall’amore di Cristo. Ci accorgeremo che quando tutto sembra finito, morto e sepolto, riaffiora nel cuore dei credenti una speranza nuova che ci fa credere che nulla è impossibile a Dio, ma anche che tutto è possibile a noi, se ci fidiamo di Lui, se ci affidiamo Lui. È necessario allora riscoprire l’importanza della Pasqua partendo dal significato etimologico del termine ebraico Pasaq, passaggio. Sì, la Pasqua è passare da uno stato di vita ad un altro. È interessante leggere tutta la storia della salvezza alla luce di questa categoria, a cominciare dalla prima Pasqua, con il racconto del passaggio degli ebrei dalla schiavitù in Egitto alla libertà della terra promessa, per finire alla Pasqua di Gesù. Anche noi cristiani che celebriamo oggi la Pasqua del Signore non possiamo non considerare la nostra Pasqua come un duplice passaggio. Il primo è quello che avviene nel giorno del nostro Battesimo, quando passiamo dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio. In quel memorabile lavacro di rigenerazione, noi crediamo che muore l’uomo vecchio e rinasce l’uomo nuovo, un vero figlio di Dio. Vivere la Pasqua è poi comprendere il senso concreto del costante invito alla conversione, inteso proprio come continuo passaggio dalla fragilità umana, che ci porta a vivere schiavi del male e del peccato, a una vita nuova, tutta illuminata dalla luce di Cristo Risorto e orientata verso la gioia che viene da Lui. La sua vittoria sul peccato e sulla morte costituisce anche per noi la certezza di essere con Lui vincitori, come ci ricorda Paolo: «Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo» (2Tm 2,11).