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Domenica delle Palme, la coerenza dell’amore

La commemorazione dell’ingresso a Gerusalemme, con il tradizionale rito della benedizione delle palme e dei ramoscelli d’ulivo, l’ascolto del vangelo della Passione del Signore (quest’anno nella versione di Marco), la celebrazione dell’Eucaristia sono gli elementi essenziali e determinanti della liturgia odierna. È indubbiamente la Parola di Dio ad essere oggi al centro dell’intera celebrazione, soprattutto nello struggente e lungo racconto della “Passio Domini”, che narra minuziosamente gli ultimi momenti della vita di Cristo, quanto il Signore ha sofferto “per noi uomini per la nostra salvezza”, spinto solo dal suo ineguagliabile amore, nella speranza di poter così suscitare in noi una risposta di fede e di amore più sincera e convinta.
Non potendo dunque farne un commento puntuale, mi limiterò a uno sguardo d’insieme. Mi ha sempre colpito lo sforzo dei vari predicatori di presentare e interpretare spiritualmente i numerosi personaggi che emergono dal racconto della Passione: capi di sacerdoti e scribi, la donna del vaso di profumo (per alcuni la Maddalena), Giuda Iscariota il traditore, i discepoli di Gesù e i Dodici, con al centro Pietro e Giovanni, gli accusatori di Pietro, a cominciare dalla serva che lo riconosce, e ancora Ponzio Pilato, Barabba, i soldati e le guardie romane, il Cireneo, i due ladroni e per finire le pie donne che raccolgono con amore il corpo esanime di Gesù deposto dalla croce e Giuseppe d’Arimatea. Da sempre la Chiesa cerca, presentando questi personaggi, di coglierne il significato simbolico e l’alto messaggio spirituale che da loro deriva.
Ma tutto il racconto, letto e considerato insieme, pone in particolare luce un aspetto che non ci possiamo fare sfuggire. L’essenziale è comprendere la testimonianza di amore che il Signore ha voluto lasciare nel momento in cui accetta liberamente di donare la sua vita per la nostra salvezza, vivendo tutte le immani sofferenze e patimenti “usque ad mortem”, fino alla morte e alla morte di croce. Il tutto in piena e totale libertà, così come ci ricordano costantemente tutte le preci eucaristiche, quando sottolineano nel racconto (epiclesi) dell’ultima cena quanto egli fece nella notte in cui veniva tradito “consegnandosi liberamente e volontariamente alla sua passione”. Non dimentichiamo mai che Egli, volendo, avrebbe potuto fuggire la sofferenza e la morte, prima che gli eventi precipitassero, ma non lo fece, e non certo per debolezza o vigliaccheria. L’insegnamento che ne deriva è che noi, anche volendo, non possiamo fuggire il male e la morte e neanche le quotidiane negatività che affliggono la nostra vita; siamo dunque chiamati come Lui a viverle liberamente e per amore. È questo il vero senso della vita cristiana ed è questa la scelta migliore di chi vuole seguire in modo concreto l’insegnamento di Gesù, che oggi in modo particolare ci ricorda che “non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici” (Gv 15,12-17).
Un’ultima indicazione mi piace sottolineare in questo giorno particolarmente forte e significativo della spiritualità cristiana, quella che si riferisce agli entusiasmi facili delle folle. Non ci sfugga, infatti, che la gente che quel giorno con grande euforia gridava “Osanna Osanna”, sarà la stessa che da lì a pochi giorni griderà con efferatezza e senza pietà “Crucifige Crucifige”. Forse anche noi siamo soggetti a questi facili entusiasmi verso Dio e verso gli uomini. Il cristiano credente è colui che segue Dio e ama i fratelli, costi quel costi, senza falsità, ma come fece Gesù, che nella sua vita e missione pose al primo posto la semplicità, la coerenza e l’amore per la verità. Allora entriamo anche noi in questi giorni santi, seguiamo Gesù a Gerusalemme, riviviamo tutti i momenti dolorosi della sua passione, consideriamo il suo immenso dolore, adoriamolo “innalzato” sulla croce, piangiamolo mentre “riposa” nel sepolcro e infine attendiamo con trepidazione la sua gloriosa risurrezione che segnerà l’iniziano della sua e della nostra nuova vita.