Tempo di attesa e lavoro: tempo per Maria di attesa di colui che l’avrebbe resa sposa e madre; tempo per Giuseppe di duro lavoro per l’allestimento di una dimora, degno nido d’amore per la coppia e culla per i figli che sarebbero venuti. Invece l’attesa e il lavoro subiscono una imprevedibile sterzata verso l’alto; si tratterà d’ora in avanti di guardare il cielo, che farà piovere l’infinitamente grande nella piccolezza di una storia familiare che chiedeva solo di potersi dispiegare in gioia semplice e grata al Padre che tutto dona. Come gestiamo l’imponderabile? In genere si cerca nell’esperienza propria o altrui una situazione simile che possa illuminare il momento presente; stavolta non esistono termini di paragone, ma solo la possibilità di chiudersi o aprirsi al mistero, con la consapevolezza che niente sarà più come prima. Lo Spirito Santo è infatti vento che in questo caso spazza via tutte le certezze precedenti e porta con sé un seme che feconda il grembo verginale di Maria. L’attenzione di Matteo non è però rivolta a Maria, ma a Giuseppe e al travaglio della sua anima. «Stava considerando queste cose»: l’«uomo giusto» non è precipitoso, conosce bene le esigenze della Legge che chiede di sradicare il male, ma non smette di riconoscere il cuore onesto di Maria e il male di esporla al rischio di lapidazione. «Pensò di ripudiarla in segreto»: può arrivare fin lì, la giustizia umana animata dall’amore è in grado di giungere al maggior bene possibile, ma a quale prezzo! L’uomo di fede, che trova nel sacrificio di Abramo il suo modello, è disposto a sacrificare l’amore pur di non opporsi al progetto di Dio, che è il sommo bene e deve essere attuato ad ogni costo. E Giuseppe, che non antepone il proprio bene a quello di Maria, attraverso la dedizione totale ad una creatura umana mostra di dare priorità al piano del Signore. Questa è una lezione che ci inchioda, abituati come siamo a preoccuparci di noi stessi, anche quando diciamo di cercare la volontà di Dio: essa coincide col dono pieno della vita a qualcuno, in qualunque forma le circostanze lo richiedano, e di solito come mai te l’aspetteresti. Ma c’è un «mentre», ossia lo spazio del travaglio del cuore, in cui Colui che sembra assente sta già compiendo la sua promessa e invita l’uomo a guardare in maniera diversa la realtà. Il sogno è infatti un altro modo di guardare la vita. Esso avviene nel sonno, quando le facoltà umane non rispondono al controllo della propria coscienza ma si abbandonano ad una rivelazione che viene dall’alto. Giuseppe, come noi, è debole in quel momento, e solo tale stato è la risposta umana al Dio forte che vuole realizzare e spiegare il senso del suo disegno. A chi sarebbe bastato un semplice sogno? Avremmo sicuramente pensato che era il prodotto della nostra immaginazione che desiderava accogliere Maria pur non potendo farlo. E invece Giuseppe comprende subito che quel sogno è di Dio perché dice quello che serve per superare tutti i dubbi sopravvenuti. L’Altissimo ti conosce, Giuseppe, sa chi sei, sa della tua lotta. Sa che vorresti prenderla con te lo stesso E Lui ti dice di non aver paura di fare quello che l’amore chiede. Perché se è l’amore che ti spinge è più che probabile che sia la scelta giusta. E Giuseppe scopre che Dio non toglie nulla ma ‘aggiunge’, come suggerisce l’etimologia stessa del nome Giuseppe. E sarà proprio lo sposo di Maria a dare il nome al bambino, a inserirlo così nella sua stessa discendenza davidica, secondo la promessa contenuta nelle Scritture. Egli «salverà il suo popolo dai suoi peccati»: è Gesù, il Salvatore, il nome. Ciò che l’umanità aveva sempre cercato ma non era stata capace di darsi da sola, la remissione dei peccati, si compie in Cristo. È qui che Giuseppe si apre al dono di Dio, lui che aveva sempre sognato la redenzione di Israele. Adesso scopre che il sogno del Creatore e della creatura coincidono e scopre anche il suo preciso ruolo in questa storia di salvezza: sarà lui a insegnare al bambino ad essere uomo. Caro Giuseppe, sei un capolavoro di persona, maestro di fede e umiltà.